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«E’ un lavoro che mi appassiona», racconta Thomas. «I piloti che stiamo seguendo mi vedono come un fratello
maggiore, e per me ogni loro progresso, ogni loro successo è una gioia». Una scuola di guida che è anche scuola
di vita e un momento di grande cultura sportiva. «Nelle formule minori non c’è vera attenzione per il mestiere di
ingegnere di pista», continua Mazzola. «E’ solo in F.1 che inizi a capire qualcosa di questo lavoro, ad allenare gli
ingegneri, oltre che i piloti». A contatto con grandi personalità: «Ai tempi di Prost non c’era telemetria, ma lui
sapeva dare indicazioni perfette ai meccanici. Schumacher invece, è un grande trascinatore, uno che con la sua eti-
ca del lavoro e con i suoi risultati sa spingere tutta una squadra. Senna mi ha invece fatto capire cosa significa gui-
dare sfruttando l’inconscio, attingendo un livello superiore. E’ la qualità che sanno usare i grandi talenti. Ricordo
ancora Irvine, quando dopo tre giorni di test in Ferrari vide Schuamcher salire per la prima volta in macchina e
rifilargli subito 2 decimi. Questo è di un’altra categoria, disse Eddie, quello che fa lui tu non lo puoi fare. Intervie-
ne una sorta di alleanza fra quello che io chiamo anima e il lato conscio del pilota, la guida diventa automatica.
Anche Lewis Hamilton è un po’ così».
Un altro grande da cui Mazzola ha tratto ispirazione è Ross Brawn: «Ross non va mai nel panico, come Schuma-
cher. In fondo un manager, un leader, deve ragionare come un pilota, saper vedere con uno sguardo l’Isola-che-
non-c’è e indicarla al proprio team. Deve saper vedere la distanza fra mondo ideale e mondo reale e indicare come
annullarla. Penso anche a Valentino Rossi: quando fece i test con noi alla Ferrari dopo il primo giro voleva scen-
dere, poi ci ha mostrato tutto il suo talento incredibile: tanto che io gli avevo consigliato di correre in F.1, secon-
do me dopo una stagione avrebbe potuto anche tentare di vincere delle gare». Dall’eccellenza ai giovani che ini-
ziano, con l’ambizione di non disperdere i talenti i erba. «Da un pilota di 17 anni si pretende subito che vinca, ma
nessuno gli insegna come fare. Io e Thomas mettiamo subito sotto pressione chi prova per la prima volta, poi lo
facciamo scendere dalla macchina, gli togliamo il mal di pancia indicandogli le soluzioni, e così quando il pilota
ritorna nell’abitacolo lo fa divertendosi: e lì viene anche il tempo». Un metodo che è servito anche al tester di Ita-
liaracing: prima le curve sbagliate, i fuoripista alla chicane, poi la fiducia che sale, la consapevolezza di poter spin-
gere anche quando Mazzola agendo sul simulatore rende le condizioni di guida impressionantemente simili a quel-
le della pista. Alla fine i tempi scendono, il divertimento cresce. Con due maestri così, tutto sembra possibile.
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Da un pilota di 17 anni si pretende subito che vinca,
ma nessuno gli insegna come fare. Io e Thomas
mettiamo subito sotto pressione chi prova per la prima volta,
poi lo facciamo scendere dalla macchina,
gli togliamo il mal di pancia indicandogli le soluzioni,
e così quando il pilota ritorna nell’abitacolo
lo fa divertendosi: e lì viene anche il tempo
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LUIGI MAZZOLA
Anche al simulatore
si studia le telemetria come in F.1