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L’INDIANO
TRANQUILLO
Stefano Semeraro
Ha fatto l’indiano, ed è tornato. Se ne è
stato buono, se non zitto, Narain Kar-
thikeyan, quando l’anno scorso fu fatto
fuori da Daniel Ricciardo alla HRT. Si è
ritagliato una importante apparizione
nel GP di casa, enfant du pays ricco di
esperienza e di rupie (quelle della Tata),
poi si è seduto sulle rive del torbido fiu-
me della F.1 e ha aspettato che passas-
se il cadavere (agonistico) del suo avver-
sario. Dopo l’ingaggio di Pedro de La
Rosa si era capito che la vittima sacrifi-
cale sarebbe stato il nostro Tonio Liuz-
zi, che non poteva contare sulla valigia,
ma solo sul contratto firmato con il
team spagnolo (ma precedente gestio-
ne), e che alla fine ha dovuto rassegnar-
si. I contratti, in un Circus in fame di
denaro, valgono il giusto. Bentornato,
dunque, a Narain, simpatico 35enne di
Chennai, la vecchia Madras, campione
della Formula Asia nel ’96 e figlio d’ar-
te (suo padre è stato campione indiano
di rally) che fuori dalla Massima Serie
dopo il primo approccio con la Jordan
nel 2004, ha corso anche in A1 GP, in
Superleague, nell’Endurance. Uno sta-
gionato fachiro, come lo ha definito
qualcuno, che in F.1 ha capito di poter-
ci ritornare proprio dopo il GP d’India
dello scorso anno. «Sì, la mia perfor-
mance fu buona e dimostrò che potevo
ancora stare in F.1», spiega Narain.
«Non è un segreto che oggi correre in
F.1 sia molto difficile, ma ero pronto sia
fisicamente siamentalmente per coglie-
re l’occasione giusta». Durante l’inver-
no Karthikeyan si è tenuto occupato con
viaggi e riunioni necessarie ad assicu-
rargli l’ultimo posto disponibile da pilo-
ta ufficiale nel Circus 2012. Ora è sicu-
ro almeno di partire per la sua terza sta-
gione in F.1, ma sa bene che il suo sedi-
le potrebbe subire attacchi da qualche
concorrente nel corso della stagione.
«Sono uno che non molla mai – sorride
– Sono qui, contro ogni aspettativa. Ho
lavorato tantissimo per farcela, credo in
me stesso e so di essere veloce come
chiunque altro sulla griglia».
L’incognita riguarda anche le potenzia-
lità del team. La HRT finora ha vissuto
da Cenerentola del Circus, tormentata
da problemi finanziari, di tecnologia e
di persone. Il 2012 potrebbe essere l’an-
no del salto di qualità? «Le prospettive
sono incoraggianti», sostiene Narain.
“Molte cose sono cambiate, e il nuovo
management è molto concentrato su un
miglioramento a 360°. Ci sono persone
con grande esperienza nella squadra, a
partire dal team principal Luiz Perez
Sala e dal mio compagno di squadra
Pedro de La Rosa. Saul Ruiz de Marco
(il CEO ella HRT F.1, ndr) ha il giusto
approccio alla F.1, sta portando la sua
esperienza di imprenditore nella con-
duzione del progetto, e anche se in F.1
non si cambia nulla in una notte stiamo
certamente procedendo nella giusta
direzione».La conoscenza con De La
Rosa è antica: «Ricordo il mio primo
test con la Jaguar, nel 2001, e Pedro era
uno dei piloti del team. Non è che lo
conosca veramente bene, ma so che è
una persona molto piacevole, e il fatto
che abbia corso con dei team di punta lo
rende prezioso nello sviluppo della
macchina. Per quanto mi riguarda, a
differenza del 2011 quando provai la
macchina solo in occasione del primo
GP in Australia, quest’anno potrò sfrut-
tare qualche test nel pre-stagione, e
questo mi dà una motivazione ulteriore
per cercare di dare tutto il possibile».
L’India non è certo un Paese che ha la
F.1 nel Dna, e anche Narain ha dovuto
costruirsi una credibilità in un mondo
non abituato a vedere al volante piloti di
Delhi e dintorni. «Sin da quando ho ini-
ziato a correre ho avuto in testa solo una
cosa: la F.1. E per un indiano era un
sogno non comune, visto che il motor-
sport da noi non è sviluppato tanto.
All’inizio non mi ero reso conto che fos-
se una impresa così in salita, solo dopo
aver iniziato a correre in Europa mi resi
conto di come la realtà fosse dura. Ci
sono volute parecchie delusioni per
capire quali erano i passi per arrivare in
F.1, ma le difficoltà mi hanno reso anco-
ra più determinato, e nel 2005 final-
mente la costanza ha pagato. Ora ho di
nuovo la chance di competere in questo
mondo che amo, ultracompetitivo e
ipertecnologico, e ho l’intenzione di
continuare a vivere il mio sogno al
meglio che posso».