Page 51 - Italiaracing

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SERATA
IMENTICARE
Alfredo Filippone
Diciotto mesi con la condizionale e
200.000 euro di risarcimento, che saranno
devoluti in beneficenza : non è stata poi
tanto mite la condanna inflitta ad Adrian
Sutil da un tribunale di Monaco di Baviera
per l’aggressione ad Eric Lux, l’uomo d’af-
fari lussemburghese socio di Gérard Lopez
nella Genii Capital e la Gravity Manage-
ment, durante un alterco per futilissimi
motivi in una discoteca di Shanghai la sera
del GP di Cina, e costata a Lux una brutta
ferita al collo, che ha richiesto 24 punti di
sutura, e un grosso spavento. Sutil paga
caro un momento di ordinaria follia. Anzi,
i giudici, argomentando la sentenza, hanno
detto esplicitamente che a uno sportivo di
primo piano e a un personaggio pubblico
che è un modello per i giovani, certi com-
portamenti non sono consentiti. Si potreb-
be pure disquisire sul grado di “maturità”
come persone degli sportivi di alto livello,
sempre più giovani, più coccolati, più sotto
pressione e forse sempre meno “normali”
come persone appena sono fuori dal loro
mondo, ma lasciamo perdere...
Anche perchè forse la vera condanna cui
Sutil deve far fronte è un’altra, ben più insi-
diosa: quella dell’ambiente della F.1. E’
davvero un caso che Sutil, pur considerato
uno dei piloti più promettenti, abbia avuto
la certezza di aver perso il posto in F.1 ben
prima del processo, quasi fosse stato invi-
sibilmente bollato come un personaggio
imbarazzante? Prospettive di carriera com-
promesse, come capitò a Bertrand Gachot
nel 1991 dopo essere finito in galera a Lon-
dra per essersi azzuffato con un tassista?
Speriamo di no, anche se Adrian sa che sarà
difficile, almeno mediaticamente e in Ger-
mania, ricostruirsi un’immagine positiva,
dopo che media e sponsor ne avevano fat-
to volutamente un personaggio lontano
dallo stereotipo tipico del pilota, esaltando-
ne i suoi modi raffinati e le doti di musici-
sta...
Adrian stesso ha detto di sentirsi “solleva-
to” per la fine di questa brutta esperienza,
che ha potuto sugellare in aula con una
stretta di mano con Lux, ma sembra luci-
do, se non rassegnato, sulla sua situazione
sportiva, visto che aggiunto: “Forse faccio
meglio a prendermi un’anno sabbatico”.
L’unico che avrebbe potuto salvare Sutil dal
rogo a fuoco lento che ha vissuto in questi
mesi era Lux stesso. Ma il manager non
gliel’ha perdonata sino a sentenza pronun-
ciata: se l’era vista troppo brutta (“pensa-
vo proprio che fossero arrivati gli ultimi tre
minuti della mia vita”) e a nulla sono valse
le scuse pubbliche del tedesco (peraltro un
pò blande e mai personalmente al diretto
interessato) né la mediazione di Ecclesto-
ne, né i tentativi di accordo extra-giudizia-
le degli avvocati di Sutil. Lux è andato sino
in fondo, come ha sempre dichiarato di
voler fare, e tutt’al più fermerà le cause
intentate parallelamente in altri paesi.
Altro danno collaterale, il suo rapporto con
Lewis Hamilton, sino a poco fa segnalato
sempre come uno dei rari esempi di vera
amicizia fra piloti di F.1, non ha resistito all’
iper-protezione praticata dall’entourage
dell’inglese, che quella sera era con Sutil,
ma si è defilato come un’anguilla, senzamai
spendere una parola in favore dell’amico e
trovando una scusa fatta per evitare di
deporre come testimone al processo. “E’
stato un vigliacco” ha detto Sutil uscendo
dal tribunale, tanto per regolare i conti.
Brutta storia, dunque, anche per la cappa
di omertà che il mondo della F.1 ha cerca-
to di estendere su tutto sin dal primo
momento. Perchè, alla fine, quello che è
veramente successo al M1NT di Shanghai
la notte tra il 17 e il 18 aprile, non lo si è mai
saputo con esattezza e non l’ha chiarito
nemmeno il processo. Ma dopo nove mesi
di rivelazioni, confidenze e chiacchericci,
tutti rigorosamente anonimi, off-the-
record e non richiesti, qualcosa possiamo
ricostruire...
Quella sera dopo il GP, al M1NT, uno delle
discoteche di moda dell’effervescente
metropoli cinese, vi erano tanti personaggi
della F.1, accomodati nei vari salottini del
lounge VIP della mezzanine. Alle 2 e mez-
za di notte, arrivano anche Hamilton e
Sutil, provenienti da un’altra festa e appa-
rentemente un pò su di giri. Benchè non
espressamente invitati, si piazzano nel-
l’area occupata da Lux e dai suoi ospiti, fra
cui vi sono un paio di belle ragazze bionde,
presuntamente slave. Si racconta che i due
piloti, un pò spavaldi, si siano seduti sulla
spalliera di un divano e che Sutil abbia
cominciato a giocherellare coi piedi con la
borsetta di una delle ragazze. Lo scherzo
dura sino a quando la ragazza si indispetti-
sce e chiede a Sutil di smetterla. Questi
avrebbe reagito con stizza, facendo apprez-
zamenti non proprio cortesi sul ruolo,
diciamo così, della signorina. A quel pun-
to, Lux si sarebbe alzato per calmare gli ani-
mi, ma ottenendo l’opposto. E’ qui che a
Sutil va in tilt il cervello: impugna Lux e lo
minaccia con una coppa di champagne che
ha appena sbrecciato sul tavolo. O il tede-
sco sbaglia a valutare le distanze o Lux fa
un movimento difensivo dalla parte sba-
gliata, sfortuna vuole che il bicchiere lace-
ri la parte laterale sinistra del collo del
manager, che comincia a sanguinare mol-
to vistosamente, fra lo stupore e l’orrore dei
presenti. L’unico che reagisce con provvi-
denziale tempismo è Jérôme D’Ambrosio,
che si trova nel salottino contiguo, estraneo
agli antefatti, ma capisce al volo la gravità
della situazione. Il belga si toglie la camicia
e la avvolge sul collo di Lux (peraltro suo
datore di lavoro, in quanto manager della
Gravity) per cercare di tamponare l’emor-
ragia e, soprattutto, se lo porta via di peso
in ospedale col primo taxi, senza aspettare
l’ambulanza. E’ fuga anche per Sutil e
Hamilton, prelevati dalle guardie del corpo
dell’inglese prima che arrivasse la polizia.
Si dice che, avendo con sè passaporto e car-
te di credito, siano stati direttamente por-
tati in aeroporto e messi sul primo volo in
partenza per l’Occidente, senza nemmeno
passare in albergo a ritirare le proprie cose.
Qualcuno, al telefono, deve averli consiglia-
ti bene: la gattabuia di una stazione di poli-
zia cinese non dev’essere il posto più sim-
patico dove finire una serata. Nemmeno
una andata decisamente storta.