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FORMULA 1
FRANK WILLIAMS
Stefano Semeraro
Sir Frank sta per compiere 70 anni, se ne
va in pensione ed è come se si abbassasse
una persiana, se scattasse una serratura.
«Tranquilli, rimarrò team principal , per
ora è solo un primo passo verso un passag-
gio di consegne alla generazione più giova-
ne», ha detto con quella voce rese sottile da
anni sdruciti di gioie e lutti, virata seppia.
Ma lo sappiamo tutti che il passo è più
grande, più definitivo di quello che il gran-
de Frank è disposto ad ammettere. L’anno
scorso aveva mollato Patrick Head, l’om-
bra del guerriero, il suo doppio, ora tocca
al boss. L’uomo che porta il suo nome
incollato ad una scuderia gloriosa e ora
molto travagliata, un privilegio che divide-
va con McLaren e con Ferrari, due mostri
sacri che non ci sono più. Frank c’è anco-
ra, e gli auguriamo di esserci per altri cen-
t’anni, ma molto è cambiato attorno a lui.
Inevitabile: sono passati 46 anni da quan-
do Williams aprì il suo primo team, la
FrankWilliams Racing Cars, dopo aver fat-
to per qualche tempo il meccanico e il pilo-
ta. Formula 3, Formula 2, poi la Formula 1
nel ’69, con un telaio Brabham e Piers Cou-
rage al volante. Vennero i primi drammi –
la morte di Courage che troncò la collabo-
razione con De Tomaso, lo schianto di
Henri Pescarolo con la prima vettura pro-
gettata daWilliams e Head, la Politoys FX3
– i primi problemi economici, con il famo-
so aneddoto di Williams con le scarpe
bucate che telefona da una cabina telefoni-
ca perché per colpa delle bollette non paga-
te gli avevano tagliato i fili. Fu costretto a
cedere tutto aWolf, ma ripartì caparbio, da
un ex negozio di tappeti a Didcot insieme
a Head, e nel ’79 arrivò il primo successo
in un GP, con il grandissimo Clay Ragazzo-
ni, nell’80 il primo titolo con Alan Jones.
Non erano anni facili neppure quelli, eWil-
liams per far quadrare i conti trascinò nel
business anche gli arabi, ovvero la Albilad,
la compagnia saudita di proprietà del
padre di Osama Bin Laden. Da lì iniziò il
volo di Williams e del suo team, sette mon-
diali piloti e nove costruttori vinti sino al
’97, un ventennio scarso allungatosi con
qualche lampo di gloria fino ai primi anni
del nuovo Millennio.
Poi è iniziato un crepuscolo dorato. A spo-
stare Williams dalla plancia di comando
non era bastato neppure il terribile inci-
dente stradale in Francia, nel tortuoso trat-
to che dal circuito di Le Castellet porta a
valle, che nel 1986 gli spezzò
la schiena e lo condannò alla
sedia a rotelle. Ora però, in
una F.1 dominata dai grandi
costruttori e dai grandi bud-
get, persino un nobile, geniale
squalo come lui fatica a regge-
re. Lui che non ha mai voluto
trattare i piloti come stars, che ha
sempre voluto l’ultima parola
anche con i motoristi – vedi il
caso BMW - agendo da padre
padrone illuminato, ma
dotato, lui che pure appa-
riva così fragile sulla sua
sedia a rotelle, di un
polso di ferro.
Dopo l’ultimo
successo in un
GP del 2003,
il declino è
d i v e n t a t o
e v i d e n t e ,
accelera-
to, fino a
u n
2011
d i s a -
s t r o s o ,
almeno per il
blasone del
team. Williams non
è mai stato tenero con nessuno, neppu-
re con se stesso («Se sono paralizzato è col-
pa mia, non portavo le cinture di sicurez-
za»), specie con i piloti che – vedi Jacques
Villeneuve, Nelson Piquet (padre), Damon
Hill, Nigel Mansell – gli chiedevano ade-
guamenti del salario dopo una vittoria. Il
suo grande dolore, pesantissimo, è stata la
morte di Ayrton Senna a Imola, su una sua
macchina. il suo grande rimpianto l’addio
ad Adrian Newey, il mago Merlino della
F.1: «Ma voleva che gli cedessi una quota
del team, e io non ero tanto disposto…».
Appunto. Al suo posto come ammi-
nistratore delegato già dal 2006 c’è Adam
Parr, messo lì per tentare di sistemare i
bilanci problematici, ma che a quanto pare
non ha ancora trovato la quadratura del
cerchio. Ora nel consiglio di amministra-
zione, da dove Frank uscirà a fine mese,
entrerà la figlia Claire come responsabile
marketing e amministrazione. La tradizio-
ne di famiglia continua. Dietro la scrivania
come in pista, dove ora al posto di Ayrton
c’è un altro Senna, Bruno. Dal talento puro
alla valigia pesante. I tempi passano.
Anche per i miti assoluti.