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Stefano Semeraro
Nell’Odissea, il grande poema omerico, i
“lotus eaters”, i mangiatori di loto cadeva-
no in preda all’oblio, alla dimenticanza di
sé e delle proprie origini. Un destino che
sembra drammaticamente anche quello dei
compratori del Loto, inteso come marchio
della leggendaria scuderia che fu di Colin
Chapman. La scorsa settimana è infatti
giunta notizia che l’accordo di sponsorizza-
zione fra Group Lotus e il team Lotus F.1 si
è concluso. In pratica, Raikkonen e Grosje-
an corrono ancora per la Lotus F.1, la ex
Renault oggi posseduta dalla Genii Capital,
ma quel marchio oggi è solo un puro nome,
senza nulla dentro che possa ricollegarlo al
passato.
La situazione, in effetti, è abbastanza com-
plicata. Senza voler scomodare le antiche e
intricatissime questioni legate alla proprie-
tà del marchio e alla divisione fra reparto
corse e vetture di produzione, che iniziaro-
no a tormentare la scuderia già all’indoma-
ni della misteriosa morte di Chapman nel
1982 – il groviglio più recente risale quan-
tomeno al 2010, quando nacque la querel-
le fra il Group Lotus e il Team Lotus posse-
duto da Tony Fernandes (l’attuale Cater-
ham). Il Gruppo e il Team si scontrarono in
tribunale, dibattendo a lungo su chi avesse
il diritto a sfruttare il magico “fiore”, alla
fine le strade dei litiganti si divisero – in
fondo abbastanza pacificamente – e Fer-
nandes ribattezzò la sua scuderia lasciando
il marchio alla Renault, che come abbiamo
appena accennato oggi è posseduta da
Genii Capital, ovvero la finanziaria del
Genii Group che nel 2009 aveva acquista-
to il 25 per cento delle azioni della Renault
F.1 e l’anno seguente era entrato in pieno
possesso della scuderia capitanata da Eric
Boullier.
Title sponsor del team nel frattempo era
diventato il Group Lotus (la compagnia
antagonista di Fernandes, posseduta da
Dany Bahar, Eric Lux e Gerard Lopez), che
aveva firmato un accordo per restarlo fino
a tutto il 2017, ottenendo fra l’altro il cam-
bio di nome della squadra, prima da
Renault a Lotus Renault GP, e quindi a
Lotus Gp. Ci siete ancora?
Bene. Dietro il Group Lotus, bisogna saper-
lo, c’è la Proton, casa costruttrice di auto
malese che due mesi fa è stata acquistata
per 400 milioni di dollari dal governo del-
la Malesia dalla DRB-Hicom di Syed
Mokhtar Al-Bukhary. Ora, il Group Lotus è
in perdita dalla metà degli anni ’90, non
naviga in buone acque e per questo non è
riuscito a far fronte al suo contratto di
sponsorizzazione con la Lotus e Genii Capi-
tal. Lopez e Bahar avevano in un primo
tempo pensato di acquistare addirittura il
Group Lotus, ma la crisi li ha sconsigliati;
anzi, hanno deciso addirittura di ridurre i
loro investimenti nel team di F.1.
Risultato: la Lotus per il 2012 manterrà il
nome – gli altri team non consentirebbero
un cambio in corsa - ma senza beccare più
i soldi, e nel 2013 con tutta probabilità cam-
bierà di nuovo denominazione (fra gli
sponsor della squadra c’è ad esempio la
Microsoft Dynamics, un ramo del colosso
dell’informatica, ndr). Ancora una volta,
insomma, sul nome e sul marchio Lotus
scenderà l’oblio. Davvero un’Odissea, per il
fiore più famoso della storia delle corse.
LOTUS
IL NOME
DELL'OBLIO