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Per il terzo anno consecutivo il team diretto
da Christian Horner ha conquistato il titolo costruttori,
un risultato eccezionale se si pensa che l’ingresso
in F.1 risale soltanto al 2005 dopo che Mateschitz
aveva rilevato la fallimentare Jaguar
Paolo D’Alessio
E tre. Per il terzo anno di fila, la Red Bull si è confermata la migliore del lotto e per
la terza stagione consecutiva il team dello sponsor, nonché proprietario, che “mette
le ali” ha conquistato il titolo mondiale costruttori. Una vittoria che fa tornare alla
mente i primi anni del nuovo millennio quando, stagione dopo stagione, a dettare
legge erano la Ferrari e un certo Michael Schumacher. Rispetto a quegli anni sono
cambiati i colori, dal rosso si è passati al blu oltremare, e sono cambiati i protagoni-
sti, tranne uno. Quell’Adrian Newey che, allora come oggi, continua ad essere il pro-
gettista più pagato e più geniale della Formula 1. Un tecnico che negli ultimi anni ha
letteralmente annichilito la categoria regina dell’automobilismo sportivo, con trova-
te che hanno regalato titoli a ripetizione a Dietrich Mateschitz, costringendo gli altri
(
leggi Ferrari e McLaren) a recitare la parte dei comprimari, e un avversario del cali-
bro di Fernando Alonso a dichiarare “Più che contro Vettel quest’anno ho dovuto lot-
tare contro Adrian Newey”. Come dire: Vettel non mi avrebbe battuto in pista, ma
contro le Red Bull, quest’anno, come nelle ultime tre stagioni, non c’era niente da
fare”. Newey ringrazia, ma non si scompone, perché “the genius” è fatto così. Non si
esalta quando gli altri ne tessono le lodi, e non si scompone quano lo accusano di
interpretare troppo al limite il regolamento. Al massimo, Newey fa spallucce e liqui-
da il tutto con un lapidario 'a bit boring' (un po’ noiose) le accuse che da ormai quat-
tro stagioni lo vedono al centro di polemiche, più omeno giustificate. Attenzione però,
accusare Newey di essere il solito furbetto del quartierino, pronto ad insinuarsi in
ogni minima piega del regolamento per trarne dei vantaggi tecnici, sarebbe limitati-
vo, ancorché scorretto. Se il tecnico britannico è stato definito “the genius” ci sarà
pure una ragione? Tanto per ricordare alcune delle sue trovate più note, ricordere-
mo le profilatissime March dei primi anni ‘90, sulle quali i piloti guidavano con le
gambe alzate, per aumentare la portata d’aria sotto la vettura, o l’aerodinamica del-
le Williams FW18/19 , che a metà degli anni ‘90 fece scuola in Formula 1, per non
parlare delle sospensioni “contrattive”, che nel biennio 1998/99 regalarono due tito-
li iridati alla McLaren. Ora, dopo qualche anno di relativo appannamento, “the
genius”, il tecnico più pagato nella storia della Formula 1, il progettista più eclettico,
che sa alternare vetture vincenti, a modelli disastrosi, che hanno comunque nel loro
DNA le stimmate dell’innovazione, è tornato prepotentemente alla ribalta con una
serie di progetti che, dal 2009, ad oggi, scandiscono l’evoluzione tecnica della cate-
goria e, anno dopo anno, vengono regolarmente copiate dalla concorrenza. Ed è pro-
prio di queste eccezionali vetture che ci occuperemo nelle pagine seguenti, a partire
dalla RB5 del 2009, che non vinse il titolo per la furbata del “doppio estrattore”, mon-
tato da Ross Brawn sull’outsider Brawn GP.