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Stefano Semeraro
Con quella faccia un po’ così, quell’espressione un po’ così,
di chi il mondiale lo aveva sognato davvero. Sentendoselo
anche addosso per due tranche di gara, dal 1° al 5° giro, e
poi brevemente nel finale, salve vederselo svanire davan-
ti. Non che Fernando Alonso non sapesse bene che solo un
miracolo intero avrebbe potuto scucire l’iride dalla tuta di
Sebastian Vettel, intendiamoci. Ma è che quando vedi che
la primametà del miracolo si compie, anche se sei uno abi-
tuatoanon inseguire le chimere inizi a crederci. Ancheper-
ché Nando, in questo 2012 straordinario e stregato, ha
sempre avuto fede. In se stesso, prima ancora che nella
Ferrari. Nella capacità che hanno gli uomini fatali di far
precipitare le situazioni. Credo, ergo sum. Ma non è basta-
to. Non gli è bastato conquistare 56 posizioni in 20GP, tra-
scinando la Ferrari e a volte sollevandosi letteralmente per
i capelli (anzi, per il casco), come unnuovo barone diMun-
chausen, quando la sua F2012 sembrava un Suv: affidabi-
le, ma non certo veloce. Prima dell’estate si era ritrovato
in testa, il recupero rabbioso della Red Bull è stato inap-
puntabile e crudele. Di suo, Alonso può rimproverarsi for-
se una percentuale del botto in partenza a Suzuka, poco
altro. Il titolo lo meritava quanto Vettel, ma la Ferrari lo
ha meritato meno della Red Bull: giusto così. Ma ingiusto
per lui.
«
Sono orgoglioso di me e della squadra», ha detto comun-
que a San Paolo il Samurai di Oviedo con la mascella rab-
buiata ed aggettante dei giorni storti, quelli in cui è più dif-
ficile nascondere la rabbia con un sorriso. «In tutta la sta-
gione non c’è stato un errore di guida, o al pit- stop, o nel-
la strategia, e non abbiamo avuto neanche un guasto». E
poi, a ribadire il concetto: «E’ stata la miglior stagione del-
la mia carriera, non c’è stato niente che non rifarei». Per-
ché anche la mente di un campione ha bisogno di balsami,
di emolienti. Di sentirsi comunque a posto con se stessa.
E magari di graffiare, di sporcare con un sospetto la gioia
dell’avversario vincente, per non sentire troppo il dolore.
«
Il mondiale non l’ho perso qui, ma a Spa, quandomi sono
venuti addosso, e poi a Suzuka». Ma nel secondo caso il
riferimento non è per l’incidente in pista, ma per la man-
cata squalifica a Vettel «che in qualifica incredibilmente
ha avuto solo un richiamo dopo avermi rallentato». Rab-
bia? Frustrazione? Sempre e comunque orgoglio. In dosi
sufficienti a ribaltare il verdetto della pista. «Due anni fa
sì che ero frustrato, perché il Mondiale era nelle nostre
mani. Ma qui no. Io non ho vinto il titolo, ma ho vinto il
rispetto di tutto il mondo e homesso d’accordo tifosi e col-
leghi su chi è il migliore». L’auto-proclamato vincitore
morale però, ha voglia di togliere l’aggettivo davanti al tito-
lo, di tornare campione e basta. Non per la gente, ma nel-
l’albo d’oro. E sa benissimo che non può farcela da solo.
«
Non abbiamomai avuto lamacchina più veloce: Red Bull
e McLaren ci erano superiori. Dobbiamo migliorare, per-
ché se siamo rimasti in corsa fino alla fine è stato per una
serie di circostanze che non possiamo sperare si ripeta». E
più che un augurio, stavolta, sembra un ordine vero e pro-
prio: che non si ripeta più, Ferrari.
Con un incredibile partenza
Alonso ha superato
le due Red Bull e Massa