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Il primo olandese a lasciare un segno com-
pare sulla scena nel 1957: è Karel Godin de
Beaufort, buon pilota e personaggio simpa-
tico oltre che nobile e facoltoso, il quale rie-
sce a guadagnarsi un posto nell’élite mon-
diale per vari anni ed è il primo a raccoglie-
re punti mondiali. Il conte, purtroppo,
muore a trent’anni in un incidente duran-
te le prove del GP di Germania del 1964, al
Nürburgring, quando la sua Porsche esce di
strada a Bergwerk, finendo contro un albe-
ro.
Bisognerà aspettare il 1971 per trovare
un’erede a de Beaufort: Gijs van Lennep,
anch’egli di origini aristocratiche. Fortissi-
mo con le Sport, è tra piloti ufficiali Por-
sche. Nel 1971, vice la 24 Ore di Le Mans
con Helmut Marko su una 917, ripetendo-
si nel 1976 insieme a Jacky Ickx con una
936.
Tre anni prima si era imposto anche
nella Targa Florio. Van Lennep va forte
anche con le monoposto (è campione euro-
peo di F.5000 nel 1973), ma non avrà mai
una vera chance in F.1. Solo qualche appa-
rizione sporadica, fra il 1971 e il 1975, con
vetture poco competitive, ma con le quali
va comunque a punti due volte. La secon-
da metà dei Settanta vede l’apparizione in
F.1 di due pittoreschi personaggi, i fratelli
Bob e Rody Hoogenboom, titolari di una
grossa azienda di sistemi di allarme, la HB
Bewaking. Grazie alla loro sponsorizzazio-
ne, riescono a far capolino vari piloti neer-
landesi come Roelof Wunderink, Boy Hay-
je e Michael Bleekemolen (fortissimo nei
monomarca Renault e padre di Jeroen), ma
nessuno lascia il segno. La HB rileva addi-
rittura parte del teamEnsign nel 1976, por-
tandolo ad Amstelveen e ribattezzando le
vetture col nome Boro.
Nel 1978, Jan Lammers stravince l’Euro-
peo di F.3. E’ piccoletto e riccioluto, nato a
Zandvoort e amorevolmente allevato da
Rob Slotemaker, che gestisce la scuola di
pilotaggio del circuito, dove verranno alle-
vati quasi tutti i piloti del regno. I Paesi Bas-
si pensano di aver trovato finalmente il
campione che attendevano da anni. Ma la
carriera di Lammers in F.1, iniziata alla
Shadow nel 1979, al fianco di un’altro deb,
Elio De Angelis, è una successione di fru-
strazioni al volante di vetture di secondo
piano. L’olandese si rifà con le sport, par-
tecipando alla gloriosa avventura Jaguar, e
vincendo una 24 Ore di Le Mans (1988) e
due di Daytona. Tuttora attivo come pilota
e manager in moltissime categorie, è l’indi-
scussa icona dell’automobilismo neerlan-
dese.
In F.1 gli succedeHuub Rothengatter, buon
pilota di F.3 e F.2 ma soprattutto ottimo
procacciatore di sponsor, che riesce a
disputare tre stagioni (1984-86), con Osel-
la e Zakspeed, sfiorando la zona-punti in un
paio di occasioni. Oggi commenta i GP per
la tv nazionale e si occupa di un business di
auto elettriche.
Stranamente, il talento più promettente dei
Paesi Bassi dell’epoca, Arie Luyendijk, non
riesce a trovare sbocco in Europa, ma avrà
il felice riflesso di emigrare negli USA, dove
diventa una star dell’Indycar, vincendo a
Indianapolis due volte (1990 e 1997) e
imponendosi anche nelle classiche ameri-
cane dell’endurance, Daytona e Sebring,
con la Ferrari 333 SP di Moretti. Luyendijk
non è l’unica “grande gloria” dell’automo-
bilismo neerlandese a non essere mai tran-
sitato in F.1: lo stesso si può dire di Toine
Hezemans, re delle ruote coperte negli anni
’70
e vincitore alla Targa Florio e alla 24Ore
di Spa-Francorchamps.
Tutto genio e sregolatezza, Jos Verstappen
irrompe a metà degli anni ’90, anch’egli
portatore delle massime speranze dei tifo-
si “oranje”. E’ veloce e combattivo, ma dopo
una promettente stagione di avvio con la
Benetton nel 1994, dove ottiene due terzi
posti (gli unici podi di un pilota neerlande-
se), la sua carriera in F.1 si trascina per qua-
si dieci anni senza più grandi acuti. E peg-
gio gli è andata dopo: la sua nota propen-
sione a “scaldarsi” la pagherà con vari mesi
di carcere, per percosse all’ex-moglie, e c’è
da sperare che in un futuro Jos-the-boss
possa appagarsi seguendo la carriera del
figlio Max, che sta dimostrando grande
talento. Il resto è storia dei nostri: Robert
Doornbos e Christijan Albers, negli anni
Duemila, non sono riusciti a faremeglio dei
predecessori e poco è durato pure il sogno
di un team neerlandese in F.1, la Spyker,
costretta a vendere la squadra a fine 2007
all’indiano Vijay Mallya (Force India),
dopo aver disputato appena una stagione.
Il terzo pilota della compagine di Victor
Muller era un giovincello chiamato Giedo
van der Garde. La storia, ora, riparte pro-
prio da lui...
Robert Doornbos
Jan
Lammers