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napolis e la Indycar sono controllati dalla
storica famiglia Hulman-George, con pro-
fonde radici nello stato dell’Indiana, e da
alcuni collaboratori con grande esperienza
nel settore. A livello gestionale è vero che
non c’è più l’amministratore delegato, Ran-
dy Bernard, il quale ha dedicato tempo ed
energie per promuovere la categoria ed è
riuscito ad attirare l’attenzione di nuovi
sponsor e ad organizzare eventi in nuove
località (Baltimora, Houston). Tuttavia,
dopo tre anni trascorsi in un ruolo così
impegnativo a livello personale, la sua cari-
ca si è affievolita ed è stato naturale per lui
segnalare alla proprietà che un ricambio
gestionale fosse opportuno. Di fatto per la
Indycar non cambierà nulla o qualcosa
cambierà poco alla volta, come è nella cul-
tura tradizionale della famiglia Hulman-
George che preferisce rimanere dietro le
scene. I rapporti della famiglia Hulman-
George con Dallara, approfonditi in quindi-
ci anni di collaborazione, sono ottimi a tut-
ti i livelli e vanno al di là dei termini di con-
tratto. Questa relazione di fiducia reciproca
semplicemente non ha prezzo».
Hunter-Reay ha visitato di recente la
factory di Varano: ci può parlare del
personaggio “visto da vicino”?
«
Ryan è un uomo di valore. Ha affrontato
lutti familiari correndo per diverse stagioni
e con scarsa fortuna nella Champ Car e nel-
la Indycar e poi ricominciando con umiltà
dai campionati minori: guidare è la sua pas-
sione e vincere non è il suo assillo. Ryan è
un uomo sereno, consapevole che il succes-
so è “il già successo”, è ragazzo nel cuore e
uomo adulto nel riconoscere la bellezza del-
la vita comunque sia. Un paio di aneddoti
illustrano l’uomo Ryan. Al termine della
sessione di guida al nostro simulatore in Ita-
lia ha preso casco e tuta, ha indossato un
anonimo impermeabile e sotto la pioggia ha
guidato la KTMX-Bow nel circuito di Vara-
no senza che ci fosse alcun spettatore; al
rientro, ha asciugato lamacchina ed è anda-
to in officina a ringraziare tutti, meccanici e
ingegneri: sembrava una scena tratta dal
libro “l’arte di correre sotto la pioggia”.
Ricordo anche un altro episodio accaduto
sempre in occasione della sua visita qui in
Italia. Ryan ha incontrato centinaia ragazzi
delle scuole locali e i collaboratori Dallara:
gentile, semplice, educato, curioso delle pic-
cole storie di ciascuno, mai affrettato nelle
risposte, addirittura è andato da solo a ricu-
perare una sedia per firmare gli
autografi.Finché c’era qualcuno interessato
a conoscerlo Ryan è stato lì, disponibile, con
il sorriso degli occhi e del cuore.
Hunter-Reay vi ha espresso qualche
esigenza o desiderio da parte dei pilo-
ti?
«
Ryan è un professionista eclettico, bravo a
correre sia ad alta velocità a Indianapolis sia
lungo i tornanti di Long Beach. Come tutti
i piloti intelligenti che sanno che le compe-
tizioni motoristiche non sono videogiochi
tra eroi invincibili, ma sudore fisico e fati-
ca mentale, nel rispetto dei colleghi e della
morte, Ryan ci ha chiesto di perseguire sem-
pre e senza esitazioni la ricerca della sicu-
rezza per proteggere sé e i propri colleghi in
caso di incidenti».
In F.1 si parla molto di svolta verde:
secondo lei anche la IndyCar potrebbe
decidere di rendere sempre più com-
patibile con l’ambiente la suaproposta
agonistica? Non parliamo solo di
motori ma anche di materiali, piste,
soluzioni tecnologiche in genere.
«
La domanda è interessante e merita una
risposta adeguata e non banale. La prima
risposta è che la nuova Indycar ha una
migliore efficienza aerodinamica (meno
resistenza a pari deportanza), che i nuovi
motori hanno una cilindrata minore a pari
potenza erogata e che il peso totale è stato
ridotto. Al di là però di queste dichiarazio-
ni che fanno leva sul concetto “verde” per
giustificare nuove attività e maggiore fattu-
rato, ci rendiamo facilmente conto che la
tecnologia spesso tende a complicare i pro-
dotti e a renderli estranei a chi li utilizza e a
chi li osserva con interesse; analogamente,
la ragione ultima di impiegare materiali
esotici e costosi spesso non è compresa dal
pubblico né tecnicamente giustificata dalle
migliorate prestazioni o dai ridotti consumi.
La mia risposta è che io non riesco a intrav-
vedere una forte correlazione tra l’economia
verde” e lo spettacolo delle competizioni
motoristiche caratterizzate da un carosello
di sorpassi e frenate su un circuito da ripe-
tere molte volte in condizioni rischiose e in
questo il mio pensiero va al racconto di Wil-
liam Faulkner “Oggi si vola” di cui ho par-
lato insieme a Dan Wheldon pochi giorni
prima della sua scomparsa. Questa valuta-
zione si applica, a maggior ragione, nella
Indycar e in tutte le competizioni motoristi-
che americane per le quali l’accento è posto
sull’intrattenimento a discapito sulle rica-
dute tecniche, sicurezza a parte».
Come giudica il nuovo sogno di
Zanardi: correre la Indy 500 ?
«
Nelle prossime settimane cercherò di par-
lare con Alessandro per ascoltare le motiva-
zioni che lo spingeranno a intraprendere o
non intraprendere questa sfida. In ogni
caso, non mi sento di giudicare le imprese,
i sogni e le ragioni del cuore di un uomo
valoroso come Alessandro Zanardi; posso
solo essere al suo fianco quando prenderà
la decisione e offrire la mia esperienza e i
tanti errori compiuti in sedici gare Indy 500
di cui dodici vinte e quattro perse».
(
Testo dal
Dallara Magazine)