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Guido Rancati
Dopo tante delusioni, questo è un giorno magnifico”. Robert Kubica
festeggia il suo primo successo in WRC2, ma non dimentica le ama-
rezze recente passato. Accenna ai problemi meccanici avuti in questo
scorcio di stagione, ma ammette anche i suoi errori. Da grande, perché
lui è un grande.
So di avere ancora molto da imparare, ma ho la sensazione di aver
accumulato in questo fine settimana un’esperienza che dovrà venirmi
utile nelle gare successive”, fa notare il polacco. Prima di osservare che
sulla dura terra ellenica ha provato cose che in vent’anni di più che
onorata carriera non aveva ancora provato. E che non immaginava di
vivere. Poi spiega di essersi divertito assai poco nelle quattro piesse
dell’ultima tappa, affrontate con giusta cautela: “Avrei potuto imparare
di più, se non avessi scelto di adottare un ritmo misurato”, fa il vanto
dell’est. Già, avrebbe potuto. Ma avrebbe anche rischiato di compro-
mettere un successo mai in discussione, costruito fin dal primo tratto
cronometrato e suggellatodauna serie lunghissimadi successi parziali.
Non era il caso di farlo e lo sa: troppe volte, per stravincere, aveva perso
tutto. Un altro errore avrebbe dato fiato a chi iniziava a dire che le corse
su strada non erano per lui. Il minuto e mezzo che ha messo fra sé a
Yuriy Protasov, tipetto interessante, ha messo la sordina ai tanti, trop-
pi, maestrini del giorno dopo, quelli abituati a intingere le loro penne
nei pregiudizi e nei luoghi comuni. Quelli che si entusiasmavano per
le opacissime esibizioni nel mondiale rally di Valentino Rossi, quelli
che sono sempre pronti a spacciare la kermesse monzese di fine anno
per una gara vera, Quelli che a lui hanno invece sempre perdonato
poco, forse perché non riescono a capire la sua genuina passione per
le corse su strada. Che sono diverse – ça va sens dire – da quelle in
pista. Che richiedono un approccio diverso perché non basta fidarsi di
quanto si vede, ma bisogna tenere in considerazione anche quello che
annuncia il copilota. Enon è facile, per chi è stato abituato a gareggiare,
con due o quattro ruote, da solo. A differenza del Dottore – e pure di
Kimi Raikkonen – Kubica c’è riuscito. Lavorando sodo, passando ore
e ore a visionare i camera-car di decine di rallisti per carpirne i segreti,
per capire come dettare le note e poi come ascoltarle.
Dopo tante delusioni,
questo è un giorno magnifico