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ORE LE MANS
IL CASO
Filippo Zanier
A una settimana dall'incidente che è costato la vita ad Allan Simon-
sen a Le Mans, incredulità e dispiacere per lo sfortunato destino
capitato a uno dei più apprezzati interpreti delle gare GT non si
sono ancora spenti. Allo stesso tempo, però, sono molti i protago-
nisti di questo sport che, tramite i social network, stanno chieden-
do di fare chiarezza perché quanto accaduto non venga classificato
semplicemente come sfortuna: a iniziare è stato Dominik Farnba-
cher, pilota impegnato da anni in tutte le maggiori competizioni
Endurance e in passato compagno di squadra del danese. Sul pro-
prio profilo Facebook, il pilota tedesco ha pubblicato la foto che
vedete in questa pagina che mostra il guard-rail di Tertre Rouge
con alle spalle la corteccia scheggiata di un albero. Il commento
scelto da Dominik è più eloquente chemai: "Se alle spalle di questo
guard-rail non ci fosse stato un albero, forse Allan sarebbe ancora
tra noi". L'atto d'accusa di Farnbacher si è diffuso in fretta fra i
piloti, trovando sostegno in protagonisti del calibro di Sean
Edwards e Patrick Pilet, che hanno dato diffusione alla foto via
Twitter.
RAIL E ALBERO
TROPPO VICINI
In assenza di immagini chiare, in realtà, è impossibile sapere se la
vettura dello sfortunato pilota danese abbia davvero impattato sul-
l'albero: l'unica cosa certa, rilevabile dal confronto con le riprese
televisive fatte mentre il guard-rail danneggiato veniva sostituito,
è che quella ritratta nella foto è effettivamente l'area interessata
dall'incidente. Nonostante le incertezze, che potrebbero essere dis-
sipate dall'inchiesta che la polizia francese sta ancora portando
avanti, l'immagine messa online da Farnbacher è comunque suf-
ficiente a far scattare l'allarme sicurezza e a dare il via a una dove-
rosa riflessione su quanto poteva essere fatto per evitare l'accaduto
e su quello che deve essere fatto ora per impedire che un episodio
come quello capitato a Simonsen possa ripetersi. La foto parla
chiaro, la lama d'acciaio e l'albero alle sue spalle sono separati da
pochi centimetri, una situazione inaccettabile per un tratto dove
le vetture in condizioni di asciutto viaggiano a quasi 200 all'ora e
che in condizioni di asfalto umido, diventa una trappola. Lo sa bene
Mike Rockenfeller, che proprio in quel punto nel 2007 perse il con-
trollo della sua R10 dopo un'ora di gara, finendo contro le barriere
con il posteriore e distruggendo la vettura, e lo sanno anche i tanti
piloti quest'anno si sono girati proprio sullo stesso cordolo che ha
tradito Simonsen (due di essi, una LMP2 e una Ferrari 458, solo
qualche secondo prima del danese).
SAFER E TECPRO
DA CONSIDERARE
Del resto, nessuno può dire che il circuito della Sarthe non avesse
lanciato degli avvertimenti. Negli ultimi anni Le Mans è stata tea-
tro di incidenti terrificanti senza conseguenze: il volo della Toyota
di Davidson sulla Ferrari di Perazzini l'anno scorso, l'altro bruttis-
simo incidente di Rockenfeller nel tratto di Indianapolis nel 2011,
lo schianto di McNish al ponte Dunlop nello stesso anno, o ancora
il decollo della Peugeot 908 di Gené nelle curve Porsche del 2008
sono esempi di botti in cui la buona sorte e la sicurezza dellemono-
scocche in fibra di carbonio hanno permesso ai piloti di uscire dai
rottami delle loro vetture illesi o quasi. Avvertimenti, dicevamo,
che però non sono serviti a porre rimedio per tempo a quella che
ora, dopo la tragedia, sembra una disattenzione grossolana, un
anacronismo figlio delle corse degli anni 60 in unmondo delle cor-
se che negli anni ha fatto passi da gigante nella sicurezza attiva e
passiva. Sugli ovali americani esistono da anni le barriere SAFER,
in F.1 hanno debuttato nel 2008 le TecPro, blocchi di schiuma a
densità variabile che vengono utilizzati a Monaco, Singapore, Abu
Dhabi e Yeongam con ottimi risultati. Sono tecnologie tutt'altro
che fantascientifiche, disponibili a tutti e di facile installazione.
L'Automobile Club de l'Ouest farebbe bene a prenderle in consi-
derazione, analizzando il circuito della Sarthe da cima a fondo e
verificando dove l'applicazione di queste ed altre soluzioni possa
evitare rischi inutili. La sicurezza assoluta non è raggiungibile, non
saremo mai pronti a proteggere i piloti da tutte le possibile dina-
miche di impatto che la fisica può generare, ma questo non toglie
che non provarci sarebbe imperdonabile.