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30 Apr [13:53]

Brabham ricorda l'amico Ratzenberger
"Alla Tosa vidi dallo specchietto che..."

Massimo Costa - XPB Images

E' stato uno dei fine settimana più drammatici della storia moderna della F1. Il Gran Premio di San Marino a Imola del 1994, ha cambiato la storia della categoria e distrutto due vite, quella di Roland Ratzenberger sabato 30 aprile, quella di Ayrton Senna domenica 1 maggio. Due giorni tragici che, chi vive di motorsport, porta con sè da 30 anni come fosse accaduto ieri.

Il pilota austriaco era approdato in F1 proprio quell'anno con la Simtek, uno dei team minori iscritti al Mondiale, ed era il coronamento di una carriera. Aveva infatti già 33 anni ed aveva gareggiato dappertutto: F3, BTCC, DTM, Endurance partecipando alla 24 Ore di Daytona e di Le Mans in diverse occaisoni, poi la F.3000 giapponese dove si era ben distinto permettendogli di avvicinarsi alla F1.

Suo compagno nel team Simtek era David Brabham, figlio della leggenda Jack (tre volte campione del mondo e che diede vita al team che portava il proprio nome). David, nella foto sotto, aveva disputato 8 Gran Premi nel 1990 con una Brabham in via di estinzione, poi si era dedicato alle gare Endurance, ma il richiamo della F1 era troppo forte e riuscì a trovare un accordo con la Simtek per la stagione 1994.



Brabham, sul sito ufficiale della Formula 1, ha voluto ricordare il suo compagno di squadra Ratzenberger. Ecco il suo commovente racconto: "Quando raggiunsi l'accordo con la Simtek, chiesi chi poteva essere il mio compagno e quando seppi che si trattava di Roland ero contento. Non lo conoscevo bene dal punto di vista personale, ma sapevo che si trattava di un pilota esperto, un ragazzo veloce, che aveva partecipato a diverse tipologie di gare, un pilota completo insomma, che non commetteva errori".

"Ritenevo quindi che fossimo una buona coppia. Io avevo già maturato esperienze in F1, lui nella F3000 giapponese e nell'Endurance e per un piccolo team come la Simtek pensavo che la combinazione tra me e Roland avrebbe potuto creare una buona armonia, era necessario che tutti unissimo le nostre forze. Vivevamo entrambi a Montecarlo e ci allenavamo insieme. Ricordo che andavamo a correre attorno alle scogliere e in quei momenti ci siamo conosciuti davvero bene. Quando abbiamo iniziato a guidare la Simtek, univamo i nostri pensieri sul comportamento della monoposto e tutto risultava molto utile".

"Lavoravamo molto bene assieme e non vedevamo l'ora che iniziasse la stagione, anche se sapevamo che davanti a noi ci sarebbe stata una montagna da scalare. Per lui era il debutto in F1 e anche se vi era arrivato a 33 anni dopo un lungo viaggio, era emozionato, aveva lavorato duro per raggiungere quell'obiettivo. Come per tutti noi, la F1 rappresenta un sogno e lui lo aveva realizzato, c'entra poco se fosse in fondo alla griglia di partenza".

"I primi due appuntamenti si erano svolti in Brasile e Giappone. Roland non era riuscito a qualificarsi per San Paolo, ma ci era riuscito nel GP del Pacifico ad Aida ed aveva anche concluso la gara, io invece mi ero ritirato quasi subito. Era un buon risultato per la Simtek, due macchine al traguardo nei primi due GP: a San Paolo ero riuscito a terminare la corsa. Stavamo iniziando a prendere il giusto slancio, avevamo raccolto tanti dati molto utili per lo sviluppo della vettura ed era importante accumulare chilometri in gara perché non disponevamo dei soldi per fare test. Non avevamo neanche una monoposto di riserva".



La terza tappa era a Imola ed eravamo contenti per quel che avevamo ottenuto nelle prime due prove. Roland si sentiva a suo agio nella monoposto, ma faticava un poco con i freni. Nelle prove del venerdì, avevo guidato la sua vettura, il team mi aveva chiesto di provarla per qualche giro. Mi dissero che conoscevo meglio l'utilizzo dei freni in carbonio e quindi volevano avere un mio parere per capire se fosse Roland a non sfruttarli a dovere. Salii in macchina e dopo tre giri sono rientrato dicendo subito: quei freni sono una merda, dovete cambiarli".

"Roland è stato felice di sentire le mie parole e mi ha ringraziato, ma avevo solamente detto la verità, quei freni non funzionavano. Sabato nelle libere tutto andava bene, eravamo molto vicini come tempi, poi è arrivata la qualifica. Sono passato in quel punto, prima della Tosa, e vidi che c'erano pezzi di macchina dappertutto. Notai subito che erano quelli di Roland, la sua monoposto era ferma. Passai e guardai negli specchietti. E' un ricordo ancora vivo nella mia mente, lo vedo nei miei occhi come fosse oggi. Stavo guardando Roland, il mio compagno e amico, e ho capito che era andato".

"Quando sono entrato ai box, tutti erano in uno stato di panico. Mi avevano visto passare davanti a Roland e mi chiesero cosa ne pensassi. Mia moglie Lisa mi fece la stessa domanda e le risposi: penso che sia morto. Dopo un po' è arrivato l'annuncio ufficiale che Roland non ce l'aveva fatta ed è stato un enorme shock non solo per noi della Simtek, ma per tutta la F1, per tutti coloro che amano la F1. Non mi era mai capitato nulla del genere nella mia carriera".



"Tutti mi sono stati molto vicini, in particolare mia moglie che era incinta di tre o quattro mesi di nostro figlio Sam. La sera di quel sabato, sono entrati nel nostro campe il boss della F1 Bernie Ecclestone, il presidente FIA Max Mosley e il nostro direttore tecnico Nick Wirth. Parlammo dell'accaduto e poi mi chiesero se volevo correre il giorno dopo, la decisione doveva essere soltanto mia. Non sapevo cosa rispondere, ero ancora sotto shock. E volevo capire perché Roland si era schiantato in quella maniera. Sì d'accordo, l'ala anteriore aveva ceduto, lui era uscito di pista il giro precedente. Aveva rallentato, zigzagato per capire se c'era qualcosa che non andasse, quindi ha deciso che la monoposto era a posto ed ha proseguito, ma non è più tornato...".

"Ero indeciso, il team ha rafforzato l'ala anteriore, Wirth ci era anche saltato sopra per verificare che non si staccasse. Arrivi a un punto in cui devi fidarti delle persone che ti circondano e se tradisci quella fiducia, poi proseguire a correre per loro non è di buon auspicio. Ho quindi deciso di fare il warm-up, che all'epoca si teneva prima del Gran Premio, per capire come mi sentivo mentalmente. C'era una parte di me che pensava che se fossi stato Roland avrei detto: dai David smettila di perdere tempo, sei un pilota, vai a correre, siamo qui per questo. E alora ho scelto di correre. Per molti, penso che quella presa da me sia stata interpretata come una decisione strana, molti avrebbero fatto le valigie e sarebbero tornati a casa. Ma pensavo che per rispetto a Roland, dovevo correre".

"Dopo il warm-up ho parlato col team e ho spiegato che avrei corso per loro, per Roland. Poi, è arrivata la domenica ed è accaduto l'impensabile, perdendo anche Ayrton. Fino al termine della corsa non sapevamo che Senna fosse morto. Sono transitato al Tamburello quando lui è uscito di pista, ho visto l'ultima parte dell'incidente. Pensavo in realtà si trattasse di una Tyrrell, solo quando hanno fermato la gara e sono rientrato ai box mi dissero che si trattava di Senna".

"Quel fine settimana abbiamo registrato l'incidente al venerdì di Rubens Barrichello, poi quello di Roland, l'incidente in partenza, quello nella pit-lane che coinvolse dei meccanici, poi Senna. E' stato un vortice di disastri allucinante, cosa sta accadendo qui, ci chiedevamo tutti sconvolti. Ovviamente la scomparsa di Ayrton ha finito per mettere in ombra Roland, ma trovo fantastico che la gente voglia ancora ricordarlo perché anche lui faceva parte di quella F1. Era un pilota, era su una griglia di partenza di F1 e ha perso la vita facendo ciò che più amava. Per me, Roland era un pilota di talento ed è un peccato che non siamo mai riusciti a vedere di cosa fosse veramente capace".