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17 Apr [19:12]

La situazione in Bahrain
Rajab: 'Nessuno toccherà gli stranieri'

Pubblichiamo l'intervista a Nabel Rajab, presidente del Centro per i diritti umani in Bahrain, apparsa sul quotidiano La Stampa.

Stefano Mancini

"Così la Formula 1 diventa lo sport dei dittatori", accusa Nabeel Rajab, presidente del Centro per i diritti umani in Bahrain. "Dove ci sono regimi oppressivi, i grandi eventi servono a rompere l’isolamento internazionale e offrire al mondo l’idea che la situazione politica è tranquilla". Da mesi Rajab chiede ai piloti e a tutto il carrozzone dei motori di non disputare il Gran premio in programma domenica prossima a Sakhir. Raggiunto al telefono, descrive un quadro di violenza e repressione contro i civili che si oppongono alla famiglia reale degli Al Khalifa.

E’ stata istituita la legge marziale?
«C’è una legge marziale non scritta, non dichiarata».

Com’è evoluta la situazione negli ultimi giorni?
«A qualcuno hanno sparato, qualcuno è stato torturato. Ci sono feriti anche gravi in ospedale e posti di blocco ovunque».

Sabato è arrivata la conferma che il Gran premio si correrà lo stesso.
«Sì, l’ho sentito. Da allora il quadro è peggiorato, siamo in uno stato di emergenza. I palazzi delle istituzioni sono presidiati dalla polizia».

Che cosa ha pensato quando l’ha saputo?
«Sono rimasto deluso. La gente del Bahrain sta soffrendo e muore per ottenere la libertà. Siamo tristi perché la Formula 1 si è schierata dalla parte di questo governo, costruendosi intorno un’immagine collegata alla dittatura».

Non crede che lo sport debba restare separato dalla politica?
«Questo discorso vale in Europa, negli USA e in tutti i Paesi democratici. Negli Stati totalitari lo sport è un modo per uscire dall’isolamento e sviluppare le relazioni internazionali. Da noi c’è una famiglia che è a capo della politica, dell’economia, dello sport e decide qualunque cosa: ha bisogno di voi».

Lei critica il regime senza censure: perché glielo consentirebbero?
«Sono un’eccezione. Adesso non mi toccano perché la mia attività in difesa dei diritti civili è ad alto profilo internazionale, ma molti rappresentanti della nostra organizzazione sono stati torturati o si trovano in prigione».

Secondo lei la Formula 1 sarà presa di mira e coinvolta in episodi violenti?
«No, non penso».

Durante la settimana avete in programma iniziative per diffondere le vostre ragioni?
«Organizzeremo eventi ogni giorno. L’importante è che voi usciate dai palazzi della Formula 1 e andiate a visitare i villaggi. Sono pronto a organizzare un pullman. Vi renderete conto di come è stata la repressione».

È esattamente ciò che ci è stato raccomandato di evitare.
«Non vi dovete preoccupare. La gente nei villaggi vuol bene agli stranieri».

Forse la polizia non ama gli stranieri che vanno nei villaggi.
«Nessuno ha intenzione di uccidervi o farvi del male, né i civili né i poliziotti».

Non si è mai parlato così tanto del Bahrain.
«Sì, è l’unico aspettato positivo: siamo entrati nell’agenda internazionale».