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5 Ago [15:29]

L’editoriale - La morte di Bianchi era evitabile ma la F.1 si auto assolve

L’editoriale di Stefano Semeraro

Le corse in macchina sono pericolose. La sicurezza assoluta non esisterà mai, chiunque lo sostenga mente: per ipocrisia, ignoranza o interesse. Si può, però, puntare ad avere una sicurezza relativa sempre più elevata. La lezione che viene dall'amara e triste vicenda di Jules Bianchi è proprio questa. Rispetto agli anni delle ultime tragedie di F.1 – Roland Ratzenberger e Ayrton Senna – si è fatto molto per rendere più sicure le vetture. Si è tentato di modificare i circuiti esistenti o di costruirne di nuovi sempre meno pericolosi, si è intervenuti in qualche modo sulle procedure da adottare in caso di incidente, ma proprio in questo settore i margini sono ancora ampi.

A Suzuka, quando Bianchì si schiantò, pioveva, c'era buio, una gru sostava in posizione pericolosa. Sarebbe stato meglio far entrare la safety-car, oppure interrompere la gara. Qualcuno, Charlie Whiting, decise diversamente. E quel qualcuno poi – in maniera grottesca – è stato chiamato a giudicare il proprio operato: come se a un accusato di omicidio (colposo) fosse dato l'incarico di cercare le prove a proprio carico e di decidere poi se punirsi o assolversi. La colpa è stata invece scaricata su Bianchi, che, per carità, può aver sbagliato; come può essere che abbia sbagliato anche Maria de Villota, l'altra vittima di questi ultimi mesi di sciagure in F.1.

Ma un errore non equivale, non dovrebbe equivalere a una condanna. Tutte le morti sono tragedie, ma alcune morti sono evitabili: quella di Bianchi lo era sicuramente. E' questo che fa rabbia. Con un intervento diverso, più tempestivo, meglio coordinato forse – probabilmente – Jules sarebbe ancora vivo. Ora tutti chiedono misure drastiche, provvedimenti esemplari. Si stracciano le vesti e promettono una futura, fantomatica “sicurezza assoluta”. Che si potrebbe ottenere in un unico modo: abolendo le corse.

L'imponderabile è in agguato ogni domenica, e basta pensare a come si corre a Monte-Carlo e a Montreal, a Le Mans, nei rally (senza tirare in ballo le moto, dove proprio a domenica a Laguna Seca sono morti due piloti, e il Tourist Trophy) per rendersene conto. I piloti sono i primi a saperlo, a capire il rischio che corrono. A volte persino a cercarlo. Nel caso di Bianchi però, per evitare il peggio sarebbe bastata – forse - solo un po' più di competenza, un po' più di capacità. Ma la F.1 targata FIA ha fatto finta di niente, ha preferito auto-assolversi mescolando il caso e la necessità, confondendo l'inevitabile con il colposo pur di lavarsi la coscienza e mandare avanti lo show. Le corse, sì, certo, sono pericolose. Il cinismo degli uomini però, lo è ancora di più.