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20 Set [21:53]

Hamilton, Ben Sulayem è razzista
La solita ipocrisia della FIA

Massimo Costa - XPB Images

Allora, da dove cominciamo. C'è un presidente della Federazione Internazionale dell'Automobile che lavora sodo, si impegna, cerca di far crescere il motorsport. Ma a volte capita che Mohammed Ben Sulayem scivola su qualche chiazza di gasolio. Ricordate le plateali e ironiche contestazioni di Sebastian Vettel e Lewis Hamilton nel 2022, con il tedesco che girava con le mutandine sintetiche (vietate da un giorno all'altro) sopra la tuta e l'inglese che si era riempito di gioielli davanti alla minaccia di non farlo correre per due orecchini? Il tutto per ragioni di sicurezza, secondo la FIA.

Oppure, nel 2021 a Budapest, la maglietta Lgbt+ di Vettel, non a caso nel circuito ungherese, Paese dove i diritti di cui godiamo tutti i giorni, laggiù sono una faccenda dimenticata. Il quattro volte iridato fu a rischio penalità. E ancora, Hamilton, con il casco dei colori Lgbt+ in Qatar, altro Paese che censura proteste e diritti umani, che fece venire il mal di testa a Ben Sulayem.

Ebbene, a Singapore il presidente FIA se ne è uscito con la volontà di impedire ai venti piloti del Mondiale F1 di farsi scappare parolacce durante le gare, o qualifiche, volgarità che finiscono nelle comunicazioni radio udibili in televisione. Ora, Ben Sulayem è stato pilota di rally e off-road, vogliamo forse pensare che non gli sia mai scappata una parolina di troppo mentre era al volante e stava vivendo una situazione sfortunata? Chissà, in ogni caso un presidente di una federazione sportiva dovrebbe ben sapere che qualche parola non da educanda può sfuggire a un pilota che durante un Gran Premio ha l'adrenalina alle stelle.

Ricordate nel periodo del Covid, con gli stadi vuoti durante le partite di calcio e i microfoni ben presenti a bordo campo, le parolacce che svolazzavano nell'aria? E che si ascoltano tuttora, nonostante il pubblico. Stessa cosa nel corso di incontri di basket, volley, pallamano e quant'altro. Ebbene, la FIA vuole proibire ai piloti di imprecare perché in TV ci sono i bambini che ascoltano. Che tenero Ben Sulayem, che pensa ai nostri piccoli con il musino fissato sui telefonini dove nei social scorrono le peggio porcherie.

Ma tant'è, il problema (grosso a quanto pare) sarebbe facilmente risolvibile, lasciando le cose come sono, ovvero con i piloti che si incazzano, semplicemente sollecitando gli addetti agli audio che arrivano dagli abitacoli, di non rendere pubblici quelli contenenti parole non consone. Considerando che non sono mai in diretta i commenti, non pare una cosa così impossibile.



Max Verstappen, una volta tanto siamo d'accordo con lui, ha criticato questa decisione. Poi, in conferenza stampa, si è lasciato scappare, raccontando le difficoltà incontrate in qualifica a Baku, che la sua monoposto per un assetto sbagliato era... fottuta. Urca, che parolaccia. La FIA è rabbrividita, qualche bambino (ma le guardano le conferenze stampa?) è svenuto, alle mamme si è alzata la pressione, i babbi, immaginiamo, manco se ne saranno accorti. Bene, per questa fottuta parola, Verstappen è finito in castigo e condannato a lavori socialmente utili. Non ci si crede, chi ha preso questa decisione è probabilmente parte di una qualche pericolosa setta religiosa ed ha messo in atto l'articolo 12.2.1k.

Cosa dice tale articolo? "Rappresenta reato, parola, atto o scritto che abbia cagionato un danno morale alla Fia, ai suoi organi, ai suoi membri o ai suoi dirigenti, e più in generale all'interesse dello sport automobilistico e sui valori difesi dalla Fia. È politica della Fia garantire che il linguaggio utilizzato nei suoi forum pubblici, come le conferenze stampa, soddisfi gli standard generalmente accettati da tutto il pubblico e le trasmissioni. Ciò vale in particolare per le dichiarazioni dei partecipanti ai Campionati del mondo, che rappresentano quindi dei modelli sia all'interno che all'esterno dello sport".

E' chiaro che se qualche pilota offende, inveisce, bestemmia come un pazzo ubriaco in diretta televisiva, non va proprio bene. Ma cosa ha mai detto di così feroce Verstappen? E' chiaro l'intento di volerlo punire perché ha osato criticare le parole di Ben Sulayem riguardanti le comunicazioni radio e alla prima mossa sbagliata, l'olandese è stato messo in castigo. Memore anche della non felice conversazione con il suo ingegnere a Budapest, quella sì deprecabile e meritevole di una severa tirata d'orecchie. Non certo per la parola espressa in totale serenità in conferenza stampa a Singapore.

Ma non è finita qui. Ben Sulayem se ne è uscito con questa frase: "Dobbiamo differenziare il nostro sport dalla musica rap. Noi non siamo rapper, eppure quante volte al minuto i piloti dicono parolacce? Noi non siamo così, è una cosa che fanno i rapper, non noi". Il paragone piloti di F1/rapper rappresenta una novità assoluta. E tra l'altro, Ben Sulayem ha catalogato tutti i rapper del mondo come dei bestemmiatori folli. Un atteggiamento classista e razzista, non ha perso tempo di definirlo Hamilton, che conosce un bel po' di rapper.



Il sette volte campione del mondo ha fatto presente che la maggior parte dei rapper nel mondo è rappresentata da uomini e donne di colore, dunque, la sconsiderata uscita di Ben Sulayem è stata presa male, indirizzata a chi la pelle bianca non ce l'ha. Suvvia, presidente, non tutte le canzoni rap sono brutali, certo ce ne sono che contengono epiteti da non far ascoltare ai bambini, ma non facciamo di tutta l'erba (non quella che si fuma) un fascio. E tra l'altro è di questi giorni il tristissimo "dissing", lo chiamano così, tra due che canticchiano in Italia, tal Fedez e tal Tony Effe. Ecco, un recente esempio di tristezza che andrebbe censurato sulla scia di quanto incita Ben Sulayem.

Ordunque, aspettiamoci a breve l'uscita di una serie di hit cantate da rap americani che prendono per i fondelli (oddio, si può dire?) Ben Sulayem e i suoi sodali delle sette religiose, nonché commenti radio zuccherati del tipo "Caro Yuki, ti sposteresti per favore che sto compiendo il mio giro veloce?", oppure "Per dindirindina, quel birbante di Sergio mi ha accompagnato gentilmente contro il muro".

Per concludere, mettiamo pur sempre la museruola ai piloti, però per favore FIA (e Liberty Media), continuate a inserire in calendario Gran Premi in quei Paesi dove spiccano Cari Dittatori che sbattono in prigione, o su un patibolo, chi la museriola osa non usarla per sentirsi libero. A quando un bel GP in Corea del Nord? Discorso, ovviamente, esteso alle federazioni di tutti gli sport che costantemente sono attratte da chi pratica sportwashing. 

RS Racing