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nuove generazioni prediligono, come i
social network, l’elettronica, i videogiochi,
perché oggi nessuno accetta più di essere
solo spettatore, ma vuole anche interagi-
re. Per questo il motorsport deve avere
ricadute concrete, suscitando l’interesse
del grande pubblico e attirando investi-
menti da parte dei grandi produttori”.
La Dallara fa molto anche per soste-
nere la crescita di nuovi piloti italia-
ni. L’Italia delle corse potrebbe fare
di più?
“Per definizione dovremmo fare tutti di
più, visto il numero di piloti italiani che
sono nelle massime formule. Abbiamo
talenti, potenzialità, condizioni: sta a noi
tutti insieme cercare di portare l’Italia al
livello che gli spetta”.
Tornando all’organizzazione inter-
na, Dallara è una delle poche azien-
de italiane in crescita, che sta assu-
mendo in periodi di crisi e lo fa
soprattutto attraverso le università
ed i giovani laureati. L’intenzione è
continuare con questa strategia?
Quali sono le iniziative per far cre-
scere i giovani in azienda?
“Sì, la nostra strategia viene confermata.
La crescita dell’azienda passerà attraverso
giovani neo-laureati, perché in qualche
modo siamo anche una scuola del motor-
sport. Abbiamo una gran voglia di istitu-
zionalizzare questo concetto di scuola:
l’obiettivo è di mettere a disposizione di
questi giovani un ambiente di lavoro sti-
molante, dando loro gli strumenti (simu-
latore, galleria del vento, CFD, FEM…) per
provare le loro idee innovative e la possi-
bilità di sbagliare inmodo controllato, aiu-
tandoli così a crescere ed imparare”.
Se dovesse indicare le tre priorità
della Dallara per il futuro, quali sce-
glierebbe?
“La prima, mantenere gli investimenti nel-
le nostre tre aree di sviluppo: la progetta-
zione e produzione usando compositi in
fibra di carbonio, l’aerodinamica e la
simulazione della dinamica del veicolo
attraverso i computer.
La seconda, migliorare sempre più la
nostra efficienza interna, in modo da
ridurre i costi verso i nostri clienti.
La terza, continuare gli investimenti in
persone, perché questo è il nostro vero dif-
ferenziale. Come diceva Thomas Watson
(storico CEO di IBM, ndr), “un’azienda è
straordinaria solo se ha persone straordi-
narie”.