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Stefano Semeraro
«
Se sei un professionista devi farlo».
Anche se non ti piace, dentro lo stomaco
senti le farfalle e sopra le spalle un peso
grande così. FelipeMassaadAustinè sta-
to sacrificato alla ragion di stato, ai gio-
chi di squadra, ad una questione per
qualcuno inevitabile, per altri troppo
sporca per essere anche condivisibile.
Settimo inqualifica, quandoaMaranel-
lo si sono resi conto cheFernandoAlon-
so (nono) sarebbe diventato ottavo per
la penalizzazione di Romain Grosjean,
il brasiliano è finito undicesimo a causa
della sostituzione “tattica” di un pezzet-
to del cambio, facendo scalare Alonso al
settimopostoequindi sul latobuonodel-
la pista. Trucchetto antisportivo o sano
pragmatismo? Massa non l’ha presa
benissimo, ma ha reagito da campione.
«
Partire undicesimo non mi ha fatto piace-
re, ma era per il bene della squadra, mi con-
solo pensando che ho fatto una bellissima
gara». Il team lo ha ringraziato pubblicamen-
te: «Felipe ancora una volta si è dimostrato un
uomo Ferrari, e lo ringraziamo». Alonso è salito
sul podio, resta da dimostrare che l’arretramento
di Massa sia stato determinante, ma la questione è
un'altra, e riguarda più l’ottica da cui la osserviamo
che la prospettiva di una verità assoluta. Nell’automo-
bilismo da sempre se ne sono viste di cotte e crude, anghe-
rie e cinismi totali ai danni di poveri piloti coraggiosi, ma
sacrificabili, anche peggiori di questa. Anzi, molto peggiori
di questa.
Se indossiamo gli occhi dello sportivo puro, dello spetta-
tore ingenuo, quella ai danni di Massa è stata una porche-
ria. Se ci sediamo sulla poltrona di chi deve gestire un team
diventa unamossa quasi obbligata. Etica e realismo poche
volte vanno d’accordo, e mica solo nelle corse. Non è sta-
to bello assistere al balletto di sabato, ma dal punto di vista
di chi deve provare a vincere un Mondiale, è stato anche
un passo giusto, sensato. E’ una contraddizione che non
si sana, che non si scioglie. Magari si può discutere sulle
modalità, ma va detto che sicuramente ha fatto bene la
Ferrari a giocare a viso aperto, ammettendo con serenità
che la sostituzione del cambio era una questione tattica,
non tecnica. Avesse nascosto la mano dopo aver buttato
la pietra si sarebbemeritata ironie e sarcasmi, così ha sem-
plicementemostrato il vero volto delle corse. Che è un vol-
to ambiguo, frammentato, spietato, dove convivono trop-
pi interessi per poterne scegliere senza dubbi solo uno.
L’automobilismo, soprattutto, è uno sport individuale che
deve venire a patti con le logiche di una squadra, e non
sempre, anzi raramente un compromesso ideale è possi-
bile. Si può tirare in ballo il caso Briatore-Piquet, ma solo
per accumunarla al sacrifcio che si chiede alle seconde gui-
de: la decisione di mandare a sbattere Nelsinho è stata
infatti presa contro le regole, contro il buonsenso, contro
la salute stessa dei piloti: fu un mezzo crimine pensato e
messo in opera di nascosto, non una scelta tattica (e spe-
riamo che a nessuno vengano in mente idee strane dome-
nica prossima a San Paolo). La Ferrari invece, ad Austin
ha preso una decisione discutibile, ma non ha violato nes-
suna regola, non ha messo a repentaglio l’incolumità di
nessuno, se non quella dell’autostima di Massa. McLaren
e Red Bull avrebbero fatto lo stesso, in una situazione
simile? Probabilmente sì. Resta poi da decidere se la
coscienza del professionista è la stessa dell’uomo, se l’umi-
liazione di vedersi usato come una pedina fa parte del con-
tratto, o se è sarebbe stato meglio ribellarsi, giocandosi
però il futuro in F.1. Ma queste sono scelte che ciascun
pilota deve prendere da solo, a casco allacciato e a visiera
abbassata.
La decisione della Ferrari di penalizzare volutamente il brasiliano sulla
griglia di partenza per favorire Alonso facendolo scalare
di una posizione e conseguentemente ponendolo sul lato della pista
favorevole ha fatto e farà discutere. Ma la storia delle corse
racconta di tante altre situazioni simili
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ITICA