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Pilota, campione olimpico, pre-
sentatore televisivo: c’è un
momento in cui ti senti normale?
«
Nel lavoro manuale, una mia grande
passione. Con la Dallara, che ha messo
a punto il prototipo con cui ho corso a
Londra, stiamo ragionando sulla possi-
bilità di produrre una hand-bike pen-
sata per normodotati, ma che possa poi
essere facilmente adottata da chi deve
usarla a forza di braccia. Mi ci vedo
molto nell’officina, nel mio giardino di
casa, a tornire, a saldare, a fresare. Nei
pochi pomeriggi in cui posso conceder-
melo, sono una persona felice».
Più emozionante vincere la Indy-
Car o una medaglia d’oro alle
Paraolimpiadi?
«
E’ la stessa cosa. In America sul gra-
dino più alto del podio mi inseguiva
spesso un pensiero malinconico: ‘Dio
bono, se mio padre fosse qui, con tutti
i sacrifici che ha fatto, per vedere suo
figlio che batte tutti quanti…’ Poi,
diventi padre a tua volta e ti capita di
vedere tuo figlio che a ruba-bandiera
riesce a prendere il fazzoletto, corre e ti
abbraccia felice perché ha compiuto
quella piccola impresa, e ti esplode il
cuore dall’emozione. Allora ti rendi
conto che non è tanto il dove, o il di
fronte a chi, riesci a ottenere una gran-
de vittoria; ma piuttosto il come. Io
sono arrivato a Londra perché mi pia-
ce andare in bicicletta, non mi sono
messo a correre in bicicletta perché
volevo arrivare a Londra».
Era la Ferrari il sogno da pilota
del ragazzino Alessandro?
«
Be’, cos’altro avrebbe potuto essere?
Sognavo Imola, la variante bassa, che
adesso non c’è neanche più. Un sorpas-
so in staccata a ruote fumanti all’ulti-
mo giro, con il pubblico in delirio, dopo
una rimonta pazzesca. Chiaramente
alla guida di una Ferrari».
Sorpassando chi?
«
Non era importante. L’avversario non
aveva né un volto né un nome, come
non lo aveva neanche il mio compagno
di squadra. Che però, grazie al mio arti-
gliare la vittoria in modo disperato
all’ultimo momento, rubando punti
all’avversario che era in lotta con lui,
vinceva il mondiale. Magari un Jody
Scheckter, tanto per capirci, e io nei
panni del Gilles Villeneuve della situa-
zione. Guarda caso è anche quello che
sono diventato: in America ho vinto
due campionati, ma se ai fan che con-
tinuano a scrivermi chiedete tre ricor-
di di Zanardi risponderanno: il sorpas-
so su BryanHerta al Cavatappi di Lagu-
na Seca, i “donuts”, e poi forse la rimon-
ta da doppiato a Long Beach, con il sor-
passo a Herta all’ultimo giro - non i due
campionati che ho vinto, il secondo con
15
podi in 19 gare e con quattro gare di
anticipo, alla faccia di chi diceva che ero
solo un pazzo scatenato».
Hai conosciuto Oscar Pistorius?
Cosa ne pensi?
«
Per dirla molto alla bolognese è un
buon cinno, un bravo ragazzo, al di là
delle polemiche che ci sono state a Lon-
dra. Probabilmente anch’io, a 26 anni,
se avessi perso la finale olimpica con
uno a cui sono state concesse delle pro-
tesi più lunghe delle mie, me ne sarei
uscito con un “Eh, ma le protesi…» che
è sembrato del tutto fuori luogo in quel
momento. Detto questo, è davvero una
brava persona, per nulla un montato».
Giusto che abbia gareggiato sia
alle Olimpiadi sia alle Paraolim-
piadi? O avrebbe dovuto sceglie-
re?
«
Giusto. Ma bisogna chiarire una cosa:
avremmo bisogno di una giuria di tec-
nici, e non di filosofi, che sancisca la
regolarità della gara. Non è solo un
diritto di Pistorius correre. Anche i suoi
avversari hanno il diritto di essere sicu-
ri che, se per caso Oscar li batte, l’uni-
ca cosa che resta da fare è stringergli la
mano e dirgli bravo, sei un fenomeno.
Cosa di cui io sono convinto, perché
Oscar rispetto ad un normodotato,
soprattutto su una gara breve, ha solo
svantaggi. Ma la questione è stata
dibattuta in maniera troppo “filosofi-
ca”. Fra l’altro, ed è un’opinione del tut-
to personale, credo che se Pistorius
dopo tutti gli esami avesse mostrato la
capacità di competere per la vittoria,
non gli avrebbero permesso di partire».
Qual è lo sportivo che ammiri di
più?
«
Devo dire che quest’anno Vettel in F.1
ha vinto meritatamente, ma Alonso è
stato davvero un marziano. E mi
dispiace che abbia perso un Mondiale
che, per quello che è stato in grado di
fare, avrebbe meritato. La Red Bull era
più veloce, però come tifoso mi sareb-
be piaciuto che la Ferrari fosse riuscita
a trovare la soluzione per regalare a
Fernando due decimi al giro: sarebbe-
ro bastati. Sono sicuro che ci riprove-
ranno».