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L’INTERVISTA
ALESSANDRO ZANARDI
Saliresti su una Ferrari di F.1 modi-
ficata alla guida?
«
Be’, è come chiedere a un gatto se gli piac-
ciono i topi…».
Ne hai mai parlato con quelli di
Maranello?
«
No, ma scriviamolo, così magari a qualcu-
no viene l’idea! Sono molto amico di Stefa-
no Domenicali, ogni tanto scherziamo al
telefono. Dopo Londra ci siamo sentiti spes-
so, ma un paio di sue chiamate mi erano
scappate, ho trovato l’avviso. Così la setti-
mana successiva alla conferma di Massa,
quando mi ha richiamato, gli ho risposto
senza neanche un “pronto”. ‘Confessa che
sei arrabbiato nero – gli ho detto – perché
mi hai cercato ripetutamente, non mi hai
trovato, e ti è toccato di riconfermare Feli-
pe…’. Mi ha risposto che era vero e che sono
il solito “sandrone”, poi è scoppiato ridere».
L’emozione più forte di questi 11 anni
dopo l’incidente?
«
Nel campionato mondiale Turismo, quan-
do vinsi la mia prima gara. Il giorno prima
ero 15° in griglia, non ci speravo più, invece
grazie anche ad un set-up azzeccato riuscii a
guadagnare qualche posizione. Alla fine vidi
persone che piangevano, commosse. Ero
tornato a correre da poco, la gente mi chie-
deva: «cosa pensi di fare?». Ma il sottotito-
lo era “…perché nella tua condizione non
potrai mai competere al pari degli altri”,
mentre io davvero pensavo di potercela fare.
E sul podio, mentre mi versavano lo cham-
pagne sulla testa, ho abbassato la testa, chiu-
so gli occhi e in tre secondi mi è passata la
vita davanti. La stessa cosa l’ho vissuta a
Londra, dopo la seconda gara, quella in
linea, quando sono sceso dalla bicicletta emi
sono chinato a baciare l’asfalto. Quando ho
sentito il contatto delle labbra con quell’ele-
mento così importante per me, ho rivisto
mio padre con la “cagnetta”, la pinza a pap-
pagallo a mano, i tempi del go-kart, l’Ame-
rica, l’incidente, il ripartire. E’ stata un’emo-
zione incredibile. Acuita certo dalla vittoria,
ma dovuta anche a tante cose che con Lon-
dra non avevano a che fare».
Credi in Dio?
«
In un modo personale. Sono stato educa-
to nel modo più classico, andavo a catechi-
smo e maledivo i miei che alla domenica
mattina mi facevano alzare presto. Del
resto mio padre, che faceva l’idraulico,
anche di domenica andava a lavorare: io e
lui in questo siamo stati grandi peccatori,
non abbiamo santificatomolto le feste. Cre-
do che in tutti noi ci sia una coscienza che
ci permette di capire cosa è giusto e cosa è
sbagliato, anche senza leggere un testo reli-
gioso. E’ la parte che Nostro Signore ci ha
donato e che ci portiamo dentro. Credo che
esita una connessione, una sorta di albero
madre, come quello del film “Avatar”. Mi
rifiuto di pensare che siamo figli di una for-
tunata combinazione di elementi chimici».
Se potessi cambiare qualcosa nella
tua vita sarebbe quel giorno al Lau-
sitzring?
«
Se potessi cambiare solo l’esito di quel
giorno no, perché correrei il pericolo di
ritrovarmimolto più infelice di adesso. Non
credo che accetterei il rischio».
Tuo figlio Niccolò vuole fare il pilota
come te?
«
Laverità?Nonglienefreganiente.Dellevol-