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esercizio dei dischi in gara e più in genera-
le il costo legato al consumo dei freni duran-
te la stagione. Un terzo esempio di aggior-
namento è relativo a nuove strutture che
riducono il rischio di danneggiare i dischi
freno durante i frequenti e concitati pit-
stop: in questo caso il costo dei nuovi com-
ponenti è molto inferiore al danno ai dischi
freno e per questo gli organizzatori ne han-
no approvato l’introduzione con il consen-
so delle squadre».
Come costruttore, quali sono i vostri
suggerimenti per lo sviluppo della
serie nel prossimo futuro?
«
Il Motorsport negli Stati Uniti, e nella
Indycar in particolare, è principalmente
uno spettacolo e per questo opera in concor-
renza con altri eventi sportivi quali baseball,
football, basket e hockey tutti molto seguiti
da reti televisive e Internet. E’ facile pro-
mettere agli sponsor aumenti di pubblico,
migliore copertura televisiva e quindi mag-
giore profitto, ma anche opportuno ammet-
tere il fatto che il mercato totale del Motor-
sport, e in generale degli eventi di intratte-
nimento sportivo, non è infinito e che pro-
duce ricavi totali limitati da quanto gli
appassionati del settore sono in grado di
pagare: riuscire a far crescere il valore del-
la Indycar implica sottrarre fatturato ad
altri spettacoli motoristici e al resto del set-
tore dell’intrattenimento che comprende
anche cinema, video giochi, viaggi etc. Riu-
scire in questo implica essere molto bravi a
modificare le abitudini, gli interessi e le pro-
pensioni alla spesa del pubblico e ciò richie-
de tempo e persone competenti. In conclu-
sione: per sviluppare la Indycar nel prossi-
mo futuro è sufficiente che gli organizzato-
ri, i fornitori, le squadre e i piloti facciano
bene insieme il proprio lavoro con cura e
con sobrietà: i risultati arriveranno senza
dubbio».
Quali sono stati i feed-back dei team
a proposito della nuova vettura?
«
Fin dal Luglio 2010, dopo la firma del con-
tratto tra Dallara e la Indycar, sono emersi
due distinti punti di vista tra gli appassio-
nati, i giornalisti, i piloti, gli ingegneri e i
proprietari delle squadre. C’era chi, data la
difficile situazione economica, non voleva
cambiare nulla e non voleva investire e c’era
anche chi, doponove anni con la stessamac-
china e gli stessi motori, voleva cambiare
radicalmente e ad esempio proponeva la
Delta Wing. I due punti di vista, entrambi
con valide ragioni, si sono alla fine amalga-
mati e tutta la comunità della Indycar ha
promosso con voce unica l’introduzione di
una nuova macchina, pretendendo però
contenuti declinati nelle adeguate priorità e
con il vincolo di una grande riduzione del
prezzo di acquisto: prima di tutto, sistemi di
sicurezza più avanzati (protezioni posterio-
ri delle ruote e la carrozzeria allargata per
ridurre il rischio di contatto tra le ruote) che
subito hanno suscitato l’interesse della FIA;
in secondo luogo una maggiore durata dei
componenti; in terzo luogo una adeguata
prestazione associata ad uno spettacolo
caratterizzato da sorpassi più frequenti».
Come giudicate la voglia dei team di
contare di più in seno alla IndyCar?
«
Per rispondere alla domanda occorre pre-
mettere una considerazione sulla differen-
za culturale delle competizioni motoristiche
tra gli Stati Uniti e il resto del mondo, prin-
cipalmente Europa. In Europa e nel resto
del mondo, Stati Uniti esclusi, la FIA con-
trolla, sia tecnicamente sia economicamen-
te, la categoria principe del Motorsport che
è la Formula 1 a cui piloti, tecnici, costrut-
tori e sponsor sognano di arrivare. Negli
Stati Uniti invece, esistono e prosperano
diversi campionati motoristici di vertice
quali Nascar, Midgets, Dragster e Indycar;
quindi non è detto che il sogno degli Ame-
ricani appassionati di competizioni motori-
stiche sia la Indycar…anzi, per molto non lo
è affatto.
Considerato ciò, le persone che è impiegato
direttamente nella Indycar costituiscono
una comunità compatta, simile ad una
compagnia teatrale che allestisce uno spet-
tacolo itinerante, con una specifica demo-
grafia di tifosi appassionati. E’ naturale
quindi che ogni “attore” di questa compa-
gnia tenda e talvolta pretenda di fare il pro-
tagonista; ma tutti gli attori, quelli che for-
niscono pneumatici, elettronica, motori o
telai, i piloti e gli ingegneri che li usano, i
proprietari delle squadre che decidono l’ac-
quisto, gli sponsor che indirettamente
finanziano le squadre, gli organizzatori del-
le gare e infine gli appassionati che sosten-
gono economicamente tutta la rappresenta-
zione, tutti questi “attori” si rendono perfet-
tamente conto che ciascuno ha la propria
parte dignitosa da recitare e che il successo
è sempre positivo per tutti perché rende
possibile replicare lo spettacolo e investire
in nuove rappresentazioni l’anno successi-
vo».
Con la nuova leadership della catego-
ria quali sono i rapporti?
«
Nelle linee essenziali, la leadership della
Indycar non è cambiata. Il circuito di India-