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Ma torniamo alla Formula 1 e ai suoi problemi. I soldi scarseggiano e cosa si fa? Si continua ad
andare avanti, incuranti del fatto che il “format” avrebbe bisogno di consistenti correttivi. A par-
tire dall’aspetto tecnico. Quando le risorse scarseggiano (e mai come in questi ultimi anni il pro-
blema è sentito) bisognerebbe contenere le spese, salvaguardando la valenza del campionato. E
invece no, l’attuale regolamentazione tecnica sembra fatta apposta per gettare al vento montagne
di denaro, per soddisfare le ambizioni di qualche aerodinamico, col rischio di ritrovarsi una sola
vettura in grado di battersi per la vittoria (leggi Red Bull) e gli altri a recitare il ruolo di compri-
mari. Salvo poi piangere sul latte versato e lamentare un calo di audience per uno spettacolo che
dovrebbe avere invece nell’incertezza e nella combattività i suoi valori assoluti. Ma tant’è, non si
è fatto niente e si continua ad andare verso il precipizio ad occhi bendati. E se le risorse scarseg-
giano cosa si fa? Per risparmiare si vietano i test durante la stagione e si costringono invece i team
a spendere altre cifre da capogiro per simulatori sempre più sofisticati. “Bellezza, è l’evoluzione
tecnica che avanza” si dirà, ma di grazia, non volendo rinnegare il progresso, che senso ha rende-
re sempre più virtuale una Formula 1 che ormai ha un contatto col grande pubblico ridotto al lumi-
cino? Che senso ha relegare i vari Alonso, Vettel o Hamilton in bunker inaccessibili a pubblico,
televisioni e media per provare all’infinito una data curva, se poi il rovescio della medaglia si chia-
ma rischio di chiusura, fallimento?
LA PAZZIA DEI
DOPPI PROGRAMMI
Nessuno ce lo spiega, ma le cose devono andare così e se lo fai notare a qualcuno ti becchi pure
del retrogrado. Siccome però, al peggio non c’è mai limite, i soloni del grande Circus si spingono
oltre e mettono in piedi un cambiamento epocale, che nel 2014 dovrebbe portare al ritorno dei
motori turbo e al pensionamento degli attuali V8 (l’uso del condizionale non è casuale). Decisio-
ne giustissima, perché stimolare la ricerca sul Kers e sul contenimento dei consumi avrebbe addi-
rittura delle ricadute positive sulla produzione di serie, ma in altri periodi. Non negli anni della
peggiore recessione mondiale, dopo la crisi del 1929. Ve li immaginate team come Williams, For-
ce India, Lotus, Sauber, Marussia, Catheram che stentano a tirare avanti e saranno invece costret-
ti a diversificare il lavoro di sviluppo su due fronti, con una squadra di tecnici impegnata sulla
monoposto 2013 e la seconda sulla vettura sovralimentata del prossimo anno? Una pazzia, l’esem-
pio più eclatante di autolesionismo mai visto in oltre 60 anni di Formula 1.
UNA FORMULA 1
AUTOREFERENZIALE
Ma non è l’unica cosa incomprensibile in Formula 1. Negli ultimi 15/20 anni l’ambiente, come det-
to, è diventato una sorta di mondo virtuale, interdetto ai comuni mortali. In compenso si spendo-
no cifre da capogiro per hospitality faraoniche e per ingaggiare uno stuolo di “balie” per quei clien-
ti/sponsor che ad ogni Gran Premio vengono invitati, per fare passerella. Ora, forse solo al 10%
di costoro la Formula 1 interessa veramente, ma tant’è: qualcuno ha deciso che bisogna fare così
e così si faccia. Incuranti del fatto che andare a correre in Paesi come la Corea, l’India o la Male-
sia non ha senso e che anche la diffusione dello spettacolo televisivo globale ha evidenti limiti.
Prendiamo il caso di attività agonistiche a noi meno famigliari: potrebbero farci vedere il cricket
fino alla nausea, ma lo troveremmo sempre uno sport in equilibrio tra la noia e la demenzialità.
Lo stesso dicasi per altre etnie di questo mondo, per le quali un Gran Premio di Formula 1 ha sen-
so il primo anno, quando si tratta di una novità, per essere subito rimosso e relegato nel dimen-
ticatoio delle cose inutili. Ebbene si, se la Formula 1 vorrà superare questo momento di crisi, dovrà
porsi tutti questi interrogativi e sdoganarsi da quell’autoreferenzialità che da almeno vent’anni la
sta ipnotizzando, vedi anche la disputa del GP del Bahrain del 2012, quando al di là del circo vi
era un Paese in pieno tumulto. I personaggi che muovono le fila del gioco sono sempre gli stessi,
così come i rappresentanti dei media (e qui facciamo autocritica) che coccolati e vezzeggiati all’in-
terno di hospitality sempre più sfarzosi non si stanno rendendo conto, o non vogliono rendersi
conto, che il mondo esterno sta cambiando, ad una velocità supersonica. Ma non il loro mondo...
TECNICI DISPENDIOSI
Luca Cordero
di Montezemolo
Jean Todt
Martin
Withmarsh