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GP CINA
LA TECNICA
Paolo D’Alessio
Non illudiamoci: il weekend cinese della Ferrari è
stato praticamente perfetto (per assegnarle un 10
pieno in pagella mancano la pole in qualifica e un
migliore piazzamento di Massa a fine gara), ma già
fra sette giorni, in Bahrain, potremmo gettare acqua
sul fuoco di chi parla di titolo mondiale. Non tanto
perché la rossa e Fernando Alonso non possano con-
cretamente puntare all’iride, quanto per la resa del-
le gomme Pirelli, che rendono imprevedibile l’esito
di ogni gara trasformando le certezze di un Gran Pre-
mio, nelle incertezze della corsa successiva. Ma tan-
t’è: è esattamente quello che ha chiesto Bernie Eccle-
stone al gommista italiano, per vivacizzare campio-
nato, gare e lotta per il titolo e, almeno da questo pun-
to di vista, l’obiettivo è stato centrato. Ma torniamo
alla Ferrari e alla sua prima vittoria stagionale. Un
primo posto che, in valore assoluto, ha un sapore
diverso, rispetto alle affermazioni degli ultimi tem-
pi. Prendiamo ad esempio i tre successi in Malesia,
a Valencia e in Germania dello scorso anno: a parte
il primo posto difeso con i denti da Alonso ad Hoc-
kenheim, si trattò di risultati fortunosi, propiziati più
da fattori estemporanei, che dal concreto valore del-
la Rossa di Maranello. E questo copione, a ben guar-
dare, è lo stesso che ci veniva riproposto nelle ultime
quattro stagioni, da quando cioè, nell’ormai lontano
2009,
la Federazione decise di resettare le norme tec-
niche, per rendere più incerte le gare e minimizzare
il ruolo dell’aerodinamica, imponendo l’ala anterio-
re a tutta larghezza, quella posteriore molto avanza-
ta e di dimensioni ridotte e severe limitazioni
all’estrattore posteriore. A partire da quel momento
la Ferrari perse il bandolo della matassa e fu costret-
ta ad inseguire, con monoposto palesemente inferio-
ri alla concorrenza leggi Brawn GP, Red Bull e McLa-
ren. Fino, come detto, al Gran Premio di Cina di que-
st’anno, quando siamo tornati ai valori del biennio
2007/2008,
vale a dire ad una Ferrari che detta il rit-
mo e gli altri sono costretti ad inseguirla. Era ora, si
dirà, ma la notizia migliore per gli uomini in rosso
non è tanto la ritrovata competitività delle macchine
modenesi, quando il modo in cui questa è stata otte-
nuta. Ve li ricordate gli ultimi Gran Premi del 2012,
quando Alonso cercava disperatamente di ammini-
strare quel margine di vantaggio su Vettel, che, gara
dopo gara andava assottigliandosi? Per supportare
fino in fondo il suo pilota numero uno nella rincor-
sa al titolo, i tecnici del Cavallino rivoltarono la
F2012 come un guanto, ma il risultato era sempre lo
stesso: miglioramenti infinitesimali, per non dire
nulli, quando la Red Bull guadagnava preziosi deci-
mi con ogni modifica. Colpa di una galleria del ven-
to “starata”, di un approccio troppo conservativo e di
una macchina decisamente nata male.