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SPECIALE
IL CUORE NELLE CORSE - 1A PUNTATA
Chi corre oggi in automobile? Il pubblico di
serie popolari come la Formula 1, o la
Nascar in America, attraversa tutte le clas-
si sociali. Ma a differenza del calcio, o del-
l’atletica che citavamo all’inizio parlando di
Mennea, raramente offre la chance di emer-
gere a chi non dispone di mezzi economici
rilevanti.
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Occorre essere onesti: il motorsport è uno
sport per ricchi, figli di ricchi o ragazzi aiu-
tati da ricchi, siano questi alcuni governi
come quello del Venezuela o alcune indu-
strie di settori specializzati ad alta tecnolo-
gia. Il motorsport, a differenza dell’atletica,
del nuoto o del calcio, richiede un’ “attrez-
zatura” ed una “infrastruttura” (circuiti,
personale specializzato, laboratori, eccete-
ra) costosa, che invecchia precocemente,
nel’arco di un anno o poco più ). Chi corre
inmacchina oggi forse cerca proprio l’esclu-
sività di uno sport accessibile a pochi.
Le polemiche che in maniera ricorrente – e
prevedibilissima – investono la Formula 1
quando i “diritti” di un pilota vengono sacri-
ficati alla “ragion di stato” dei vari team, sol-
levano un’altra questione: dobbiamo consi-
derare le corse uno sport individuale, o rico-
noscere che anche egoisti “assoluti” come i
piloti devono piegarsi alle esigenze della
squadra?
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Uno dei concetti più difficili da assimilare
per un pilota è quello di lavoro di squadra.
Il motorsport, al di là delle apparenze, non
è uno sport individuale. Molti piloti fallisco-
no perché hanno un pessimo rapporto con
i propri ingegneri e meccanici, perché non
rispettano il lavoro non sono riconoscenti
verso gli altri componenti della squadra che
lavorano dietro le quinte e dietro le teleca-
mere. Per vincere, o comunque per ottene-
re risultati importanti, il pilota da solo non
può nulla, così come il pilota di un aereo
militare non può compiere la sua missione
se l’apparecchio non è perfetto, pronto,
revisionato e aggiornato; se tutti sono coor-
dinati sui tempi e obiettivi».
Il paradosso delle corse