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FORMULA 1
IL PUNTO
IL FASCINO
DEL BUDELLO
Ma torniamo al Gran Premio di Montecarlo e alla definizione di “cir-
cuito cittadino”. Mai, come in questo caso, si è abusato di luoghi
comuni e di dati poco attendibili: quello che si snoda lungo le strade
del Principato non ha niente a che vedere nè con i tracciati perma-
nenti, nè con le altre gare automobilistiche che si corrono in ambito
urbano. Montecarlo più che un circuito è un budello, una pista da bob
trasportata in città, dove al posto del ghiaccio ci sono asfalto, cordoli
e guardrail. Enon fatevi fuorviare dallemedie orarie apparentemente
basse edalla contenutapericolositàdel tracciatomonegasco. AMona-
co si va piano perché in certi tratti (leggi Rascasse, curva Anthony
Noghes o al tornantino del vecchio Loews, ora Flaimont) lemacchine
transitano in prima o seconda, ma ci sono altri punti della pista, come
ladiscesadal Casinò, il tunnel o il rettilineodi partenza, dove lemono-
posto sfiorano i 300 all’ora o altri, come l’uscita dalle piscine, dove
chi sbagliapuò impattare frontalmente contro lebarrieredi sicurezza,
ad una velocità prossima ai 240 orari. MaMontecarlo è anche la pista
dove spesso tra la il cerchionedi unaFormula 1 e lebarrieremetalliche
ci passa a malapena il classico foglio di carta e un errore di pochi mil-
limetri, ripeto pochi millimetri, porta alla collisione e all’inevitabile
ritiro. In queste condizioni parlare di corsa noiosa e di gare scontate
è riduttivo e poco rispettoso per tutti quei piloti che, ad ogni giro,
rischiano la pelle. Certo, chi parte in pole a Montecarlo, come ha
dimostrato la cavalcata solitaria di Rosberg, ha buone possibilità di
vittoria. Superare è difficile, per non dire quasi impossibile, ma è
altrettanto innegabile il fatto che, a parte alcuni casi isolati in 70 anni
di storia solo i veri campioni sono riusciti ad imporsi sulle strade del
Principato. Mantenere la concentrazione per una settantina di giri e
non incappare nell’errore in quasi due ore di gara è roba da campioni
con “C” maiuscola. Gente del calibro di Graham Hill, Ayrton Senna,
Michael Schumacher o Fernando Alonso. E poi, siamo onesti, che
senso ha parlare di gara anacronistica, quando buona parte dei Gran
Premi attuali si corre supiste anonime, standardizzate, ripetitive, pre-
vedibili come quelle disegnate, pardon progettate, nell’ultima decade
dall’architetto Hermann Tilke? Pur con tutti
i suoi limiti, ma nella sua unicità, il
Gran Premio di Montecarlo va
dunque mantenuto nel
mondiale comeunvalo-
re aggiunto, come
una pietra miliare
della storia del-
l’automobili-
smo, al pari di
altri tracciati
storici come
Silverstone,
Monza
o
Spa-Fran-
corchamps.