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LA FOGLIA DI FICO
DELLA FORMULA 1
Prima di entrare nello specifico e spiegare cos’è veramente il Gran Premio di
Montecarlo, rispondiamo subito all’ultima domanda, riprendendo il concetto
espresso in apertura di questa riflessione: mai, come nel 2013 possiamo affer-
mare che “meno male che Monte c’è”. E non lo diciamo per partito preso, o per
affezione. Non perché quest’anno sia capitato qualcosa di eccezionale, qualche
evento irripetibile o ci sia stata una gara da ricordare negli annali. Difendiamo
il Gran Premio di Monaco semplicemente perché, in un periodo travagliato,
come quello che stiamo attraversando, i simboli sono indispensabili per supe-
rare la crisi. Per vedere la fatidica luce in fondo al tunnel e credere che, dopo
una caduta quasi verticale, ci possa essere una resurrezione. Mai come que-
st’anno, i suoi eccessi, la sua ostentazione di opulenza, le sue barche e auto da
sogno, accompagnate dall’immancabile glamour, hanno avuto un ruolo salvi-
fico, quasi taumaturgico per la Formula 1. Per un fine settimana almeno ci sia-
mo illusi che i problemi quotidiani non appartengano a questo mondo e, nel
caso della categoria regina dell’automobilismo sportivo, vada tutto quanto
bene. Anche se poi non è affatto così. Prendiamo ad esempio la componente
audience. A dispetto dei dati ufficiali, diramati da organizzatori e organi Fede-
rali, la Formula 1 è sempre di più percepita come uno sport per gente di mezza
età. Per quaranta/cinquantenni. Si fa sempre più fatica a fidelizzare il pubblico
giovane, più avvezzo al mordi e fuggi degli sport estremi, degli eventi occasio-
nali, e poco incline a seguire un campionato troppo lungo e in certi casi poco
attrattivo. La cartina di tornasole di questa situazione sono le odierne sale stam-
pa, dove gli addetti ai lavori sono diminuiti in maniera preoccupante e dove la
cara, vecchia, carta stampata, ha ceduto irrimediabilmente il posto ad internet,
anche se non sempre questa inversione di tendenza è indice qualità. E in un
momento di necessario ripensamento del “format Formula 1” cosa ti fanno i
padroni del vapore? Penalizzano le televisioni pubbliche, in favore delle pay-tv
che, per inciso, offrono un’ottima copertura dell’evento, ma costano e, in un
periodo di crisi, sono disertate dal grande pubblico. Risultato: audience ridotte
drasticamente (qualcuno parla addirittura del 70-80 %) per la gioia degli spon-
sor, che vedono così ripagati i loro sforzi per essere presenti in uno
sport-spettacolo, che costa sempre di più. Se poi non bastassero
i dati dell’audience televisiva, basta fare un giro in corsia
box, per rendersi conto di guanto la situazione sia a dir
poco allarmante, con team come Marussia, Sauber o
Williams con ampie zone di carrozzeria prive di
alcuna scritta pubblicitaria. Ma questo in molti
fanno finta di non vederlo.
Dulcis in fundo la questione gomme. E quando
ci riferiamo a quell’accessorio rotondo e nero
non intendiamo parlare della querelle pro-
ve-Mercedes post Gran Premio di Spagna,
quanto alle decisioni prese a fine stagione
2012,
per “rivitalizzare i Gran Premi e ren-
derli più incerti”. Nulla da eccepire ma, di
grazia, sempre rifacendoci all’attuale
momento di congiuntura mondiale, che
senso ha vendere una categoria come il top
dell’automobilismo mondiale se poi il “con-
tatto” tra la vettura e la pista si sbriciola in
pochi giri? Che senso ha investire cifre da capo-
giro in galleria del vento, se poi ogni sviluppo del-
le macchine deve sottostare al rendimento delle
gomme? E ancora, chi pensa che per un fabbricante
di pneumatici possa essere gratificante l’immagine di
una pista inondata da detriti di gomma a fine gara, quando
il “format Formula 1” viene venduto come il non plus ultra della
tecnologia? Come diceva il buon Renzo Arbore, “meditate, gente,
meditate....”