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ne andiamo. Cambia poco, perché certe
minacce oggi probabilmente non c’è nep-
pure bisogno di pronunciarle.
Il disincanto non cancella però il disagio, la
malinconia di dover assistere all’ennesimo
caso “politico” nella ormai lunga storia del-
la Fia, ad un ulteriore umiliazione dei rego-
lamenti. Che in questo caso erano chiari,
trasparenti, ma la cui applicazione è stata
di fatto negata.
LaRedBull ha rivelato che per i concorrenti
tedeschi aveva chiesto una multa esempla-
re, 100 milioni di euro, ma al massimo
quello che intascheranno gli uomini di
Mateschitz saranno i 50 euro della scom-
messa che Helmut Marko aveva messo in
piedi con Niki Lauda (e che a quanto pare
l’ex-ferrarista non ha ancora onorato...).
Anche la Ferrari è su tutte le furie, sul sito
del Cavallino sono apparsi commenti ano-
nimi ma autorevoli, e molto sarcastici, sul
verdetto del Tribunale: «Se non ci fossero
stati i test per i giovani cosa avrebbe fatto
il giudice, avrebbe impedito alla Mercedes
di tenere la cena di fine anno?». Ma è ironia
sprecata.
Certo, la McLaren pagò duramente la spy-
story, ma in quel caso non era proprio pos-
sibile voltare le spalle e fare finta di niente.
Stavolta sì, e a rimetterci e la credibilità di
un ambiente che pare indeciso a tutto, e
soprattutto incapace di darsi una guida cre-
dibile. Se la Fia fa il pesce in barile e i rego-
lamenti diventano opinioni, se i team non
si rispettano, se non c’è una idea comune
su quale debba essere il futuro della F.1, sia
dal punto di vista tecnico sia da quello orga-
nizzativo e commerciale, alla lunga anche
la credibilità di tutto l’ambiente evaporerà
come certi GP, messi in calendario per un
anno o due e poi destinati a scomparire nel
disinteresse più generale. Forse questo è il
destino anche del motorsport, soprattutto
di questo motorsport, nell’era dello sport-
business, quella in cui i veri regolamenti li
scrivono e li fanno rispettare i danè dei par-
tecipanti. Ma allora tanto vale dirlo, tanto
vale saperlo prima. E non arrabbiarsi più.