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FORMULA 1
TURBO STORY – 2. PUNTATA
Come dimostrato dalla vittoria della
Renault nel Gran Premio di Francia del
1979,
il turbo rappresenta l’avvenire per i
motori da competizione. Se all’epoca un
aspirato di 3.000 cc eroga 170-175 CV-litro
(510-520
CV), un sovralimentato può tran-
quillamente infrangere la barriera dei 600
CV. Non solo. Siccome la resa di motore
turbocompresso è proporzionale alla pres-
sione di sovralimentazione, con questo tipo
di propulsori si possono teoricamente rag-
giungere potenze infinite. L’unico limite è
dato dalla resistenza dei materiali impiega-
ti nella costruzione del propulsore e degli
organi di sovralimentazione, alle sollecita-
zioni termiche e meccaniche. Ma veniamo
alla Ferrari 126 C. Il primo motore sovrali-
mentato del Cavallino è sostanzialmente
diverso dal V6 Renault. I cilindri sono sei,
come per il propulsore francese, cambia
però l’angolazione tra le bancate: 90° per il
V6 transalpino, 120° per il Ferrari. Non
solo, nel motore italiano aspirazione e sca-
rico sono invertiti, la prima si trova nella
parte bassa dell’unità motrice, mentre i
condotti di scarico sono posizionati in alto,
all’interno dell’ampia “V”, dove trovano
posto anche i due turbocompressori. Que-
sta scelta inusuale, che innalza leggermen-
te il baricentro della vettura, libera le fian-
cate, favorendo la costruzione di due ampi
condotti Venturi. Richiede inoltre l’uso di
una sola valvola wastegate, riducendo i
rischi di rottura per una componente par-
ticolarmente sollecitata. Per quel che
concerne le prestazioni, i primi dati
ufficiali parlano di 540 CV
a 11.000 giri/min, una
ventina inpiù rispetto al 12
cilindri boxer, ma con 1000
giri di meno. Da questi dati
emerge un’altra caratteristi-
ca del V6 turbo Ferrari: i tec-
nici di Maranello puntano ad
un’erogazione fluida della
potenza e alle migliori presta-
zioni in ripresa, piuttosto che alle
velocità di punta. Seguendo
l’esempio della Renault, la prima
Ferrari turbo, denominata 126 C (la
lettera “C” sta per competizione, non
per compressore), adotta scambiatori di
calore sdoppiati, montati in posizione incli-
nata, nelle fiancate, a valle dei radiatori del-
l’acqua e dell’olio.
Aerodinamicamente ricorda più la T4 del
‘79,
che la T5 del 1980. Il muso, a punta,
incorpora un’ala a tutta larghezza e si allar-
ga in corrispondenza delle sospensioni
anteriori, raccordandosi direttamente con
le fiancate, che nella parte terminale pre-
sentano due vistose pinne, che carenano
parzialmente le ruote motrici. Per quel che
riguarda il telaio, la Ferrari ripropone inve-
ce la solita struttura semi-monoscocca, con
posto di guida avanzato e serbatoio carbu-
rante maggiorato. Un’ultima annotazione
sulla parte elettronica. I tecnici della Ferra-
ri lavorano a stretto contatto con quelli del-
la Marelli per mettere a punto un inedito
sistema di accensione e di regolazione del-
la portata della benzina, denominato “Digi-
plex”. L’impianto di iniezione è invece rea-
lizzato dalla Ferrari stessa, in collaborazio-
ne con la Lucas. La neonata 126 C muove i
primi passi il 10 giugno del 1980, ma per
vederla operativa bisogna attendere le pro-
ve ufficiali del Gran Premio di Italia che,
eccezionalmente, nel 1980 si corre a Imo-
la. Gilles Villeneuve percorre in tutto una
trentina di giri con la 126 C, e fa segnare
l’ottavo tempo assolu-
to, una prestazione
di tutto
rispetto, migliore di quella fatta registrare
dalla macchina aspirata.
La Ferrari però, non vuole correre inutili
rischi: in assenza di gomme specifiche, il
debutto agonistico della 126 C viene così
rinviato al 1981 quando, per regolamento,
si dovrà correre con minigonne fisse, mon-
tate a 6 centimetri dal suolo. A Long Beach,
prima gara dell’anno, la Ferrari si presenta
con due versioni della 126 C: quella turbo,
contraddistinta dalla sigla “CK” e la “CX”,
equipaggiata col Comprex. Com’era logico
attendersi il turbo si dimostra più compe-
titivo e Gilles Villeneuve, dopo aver stabili-
to il quinto miglior tempo in prova, è auto-
re di una partenza spettacolare, che lo por-
ta addirittura al comando della corsa.
Seguirà uno scontato, quanto atteso ritiro,
ma la Ferrari c’è e nei Gran Premi succes-
sivi cresce a vista d’occhio. A Montecarlo,
pista cittadina, da sempre considerata tabù
per il turbo, per via delle sue brusche fre-
nate ed accelerazioni, tutti si attendono una
gara di contenimento per la rossa invece
Villeneuve, a sorpresa, fa segnare il secon-
do tempo in prova, alle spalle di Nelson
Piquet. Un autentico miracolo, che si ripe-
te al via, col pilota della Ferrari saldamen-
te in seconda posizione. Dopo il primo
quarto di corsa però, prima
Alan Jones, poi
Riccar-
1980/81
LA FERRARI SI GETTA NELLA MISCHIA