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EZZA
RIENTALE
La Jeep in pista prima della
safety-car e il rogo senza fine
della Red Bull di Webber
hanno sollevati dubbi sui
livelli di sicurezza nei nuovi
circuiti. E Horner
si è arrabbiato…
Sono cose che non dovrebbero succedere
in F.1, ma che tendono ad accadere più
spesso nei circuiti che da poco hanno fatto
ingresso nel Circus, quelli dei famosi “nuo-
vi mercati”. Dove circola probabilmente
più denaro ma anche, fatalmente, una
impreparazione di base del personale di
pista. A Yeongam, prima ancora dell’in-
cauta uscita della Jeep di soccorso è stata
l’incapacità dei commissari di spegnere
l’incendio sulla Red Bull di Webber a fare
alzare più di un sopraciglio. In Europa sia-
mo abituati a interventi tempestivi, pochi
secondi e l’emergenza – di solito… - viene
risolta. La macchina di Webber invece, è
rimasta semplicemente lì a bruciare
all’esterno della curva numero 3. «Mark è
uscito subito dalla vettura, e dunque non
mi sono preoccupato più di tanto – ha
dichiarato alla fine Chris Horner – Ma è
anche stato frustrante restare lì a vedere
quel piccolo “inferno” (Horner ha usato
proprio il termine italiano, ndr) diventare
sempre più grande, e i secondi trasformar-
si in eternità prima che qualcuno riuscisse
ad intervenire. Paradossalmente non mi
ha fatto paura l’ingresso della Jeep in pista,
sapevo che avevano degli estintori e che
dunque avrebbero potuto spegnere le
fiamme. Ma credo che Charlie (Whiting,
ndr) dovrà occuparsene e chiarire ciò che
è successo». Perché bruciare di passione
per la F.1 va bene, bruciare e basta molto
meno.