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FORMULA 1
GP BRASILE
Stefano Semeraro
Per l’ultimo giretto sul red carpet avrebbe
meritato di più, Felipe Massa. Era partito
come un puma, slalomando fra le altre
monoposto e issandosi fino al quarto
posto, con Felipinho che cinguettava felice
“papà, papà!” nel box della Rossa. L’ultima
gara in Ferrari voleva godersela tutta, ber-
sela tutta, ingoiando anche qualche lacri-
ma occulta, come si è intuito durante il col-
legamento con Sky nel giro di ricognizione:
«Grazie a tutti quelli che hanno lavorato
con me – borbottava scaldando le gomme,
e molti hanno avuto paura che finisse fuori
strada per l’emozione… - sarò ferrarista
per sempre». Il drive-through che gli ha
scippato la quarta posizione è stato uno
smacco, oltre che – apparentemente - un
pasticcio regolamentare, se è vero che
anche Mark Webber e Sebastian Vettel
hanno calpestato la zona zebrata che
segnala l’ingresso nella pit-lane. Ma non
andando con tutte le quattro ruote oltre la
verniciata. Anche un appiglio per i retro-
scenisti: con le Red Bull penalizzate la Fer-
rari avrebbe colmato il gap di 6 punti con
la Mercedes nel conto finale del campiona-
to costruttori, arpionando il secondo posto
e 10milioni di dollari in più che invece così
finiranno nelle casse di Stoccarda. Mica
briciole. «Incredibile, impossibile», ha
urlato nella radio Massa quando gli hanno
spiegato che doveva pagare pegno, e qual-
cuno ha sognato che in uno slancio di anar-
chia il Calimero Massa rifiutasse sdegnato
la penalizzazione e restasse fuori a sfidare
la grigia burocrazia da corsa di Charlie
Whiting.
Ma no, non si può cambiare carattere e sto-
ria all’improvviso, e così Massa, che non è
mai stato unMasaniello, ha scontato la san-
zione e finito la sua lunga carriera da ferra-
rista con un’ultima amarezza. Come quella
del mondiale perso con Lewis Hamilton
dopo l’arrivo, proprio in Brasile nel 2008,
o quella degli ordini di squadra ad Hocken-
heimnel 2010. «Il momento più brutto del-
lamia carriera, anche se il più difficile è sta-
to quello dell’incidente a Budapest. Il più
bello invece, la vittoria a San Paolo nel
2006. Interlagos è un posto fantastico per
chiudere la mia avventura con la Ferrari: a
tutta la squadra faccio tanti auguri, ma spe-
ro che gli mancherò».
Dal punto di vista umano sicuramente,
anche considerato che a sostituire la sim-
patia di Felipe arriverà il freezer Raikko-
nen, «uno che non ha rapporti con nessu-
no. Con lui ho lavorato bene, per carità, ma
se con Alonso e Schumacher c’era rapporto
umano, con lui è stato impossibile. E se non
l’ha avuto con me, non può averlo con nes-
suno. Ma si accorgerà Kimi di cosa significa
correre accanto ad Alonso, un pilota fortis-
simo, spesso perfetto». Massa non è stato
un pilota perfetto, anzi, ma con la Ferrari
(«correre con la Rossa era il mio sogno da
bambino, e l’ho realizzato») è arrivato a
500metri dal diventare campione del mon-
do, e ha corso 139 gare, solo Schumacher lo
batte in questa classifica. Per Rob Smedley,
il suo ingegnere di macchina che forse lo
seguirà alla Williams, «era diventato come
un fratello minore, uno a cui vuoi tanto
bene, ma che a volte vorresti pigliare a
schiaffi».
Per dirgli svegliati, Felipe, corri come sai.
Dopo l’incidente all’Hungaroring e soprat-
tutto dopo l’affronto di Hockenheim, Mas-
sa non è più stato veramente alla sua altez-
za. Qualche sprazzo in qualifica negli ultimi
tempi, ma anche tante gare brutte, sciupa-
te, inutili per la Ferrari che aveva bisogno
invece di un pilota più costante per mettere
punti in cascina nella classifica costruttori.
A ritardare l’addio è stato, probabilmente,
l’affetto, un vago senso di colpa nei suoi
confronti, più che la speranza che potesse
recuperare del tutto.
A San Paolo Alonso, a differenza di Vettel
con Webber, da prima guida gli aveva pro-
messo un favore. «Prima della gara mi ave-
va detto: se sarai dietro di me, in qualsiasi
posizione, ti farò passare. Non gliel’ho chie-
sto io, me l’aveva detto lui». Ma il drive-
trough della discordia ha chiuso il discor-
so.
«Adesso però, mi aspetta la Williams, e
sento di avere ancora tanto da dare in F.1 –
ha spiegato Felipe – per la prima volta non
guiderò con unmotore Ferrari in F.1, dovrò
fare l’abitudine a nuovi colori, ma non vedo
l’ora di iniziare. Della Ferrari mi manche-
ranno le persone, le amicizie. Non solo in
pista, ma anche in fabbrica». Buona fortu-
na allora, Felipe, pilota umano. Forse trop-
po umano per diventare campione.