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FORMULA 1

GP ABU DHABI

Stefano Semeraro

Mistico, imprevedibile, piratesco, genia-

le, fragile, sublime. Da domenica, di nuo-

vo e solamente campione.

Il guasto all’ERS di Nico Rosberg ha tol-

to la suspence all'ultimo atto del mondia-

le, ma è finita come doveva finire, con

“Jesus” Hamilton primo di tutti, forte

delle sue undici vittorie in stagione e alla

faccia anche dello spauracchio del doppio

punteggio. E' finita la carestia lunga sei

anni che aveva seguito il primo titolo con

la McLaren e il suo, al netto delle ragioni

del tifo e del passaporto, è un trionfo che

riconcilia con la F.1. Perché è il successo

del più bravo (insieme ad Alonso e Vet-

tel), del più talentuoso. Di un ragazzo che

nel corso degli anni è diventato più di un

pilota – icona pop, quasi baronetto,

miliardario capriccioso, fidanzato inaffi-

dabile – ma che resta soprattutto un pilo-

ta. Un driver vecchio stampo, un Peter

Pan edizione vintage che nei mitici anni

'70 dell'automobilismo, quando in pista

la lotta era dura e pura e a tratti spaven-

tosa, si sarebbe trovato a suo agio. Ma che

ha anche saputo cambiarsi, trasformarsi,

evolversi. Mettere da parte il lato meno

educato e corsaro, a volte anche scorret-

to, ma senza perdere efficacia, senza tra-

dire se stesso. «Papà prima della gara mi

ha ripetuto la frase che mi diceva ai tem-

pi del kart: non fare prigionieri. Voleva

dire che le energie negative dovevano

essere trasformate in positive». Fra

Mister Lewis e dottor Hamilton stavolta

ha trionfato la parte razionale del genio

ribelle. A metà stagione era dietro, a

Monaco aveva dovuto incassare la prima

scortesia di Rosberg, con quella bandiera

gialla provocata, forse, ad arte. Ma nella

seconda metà della stagione Lewis si è

trasformato, ha cambiato marcia. Nico a

Spa ha provato di nuovo a farlo innervo-

sire, lui ha ruggito senza sbavare. E sono

arrivate le cinque vittorie di fila, il sigillo

sul mondiale inchiostrato definitivamen-

te ad Abu Dhabi.

«Dicevano che passare alla Mercedes era

stato un errore, invece questo è il momen-

to più bello della mia vita. Il Mondiale del

2008 era stato una grande emozione, ma

questo è molto meglio», ha confessato il

fenomeno, dopo il giro di pista con la

Union Jack sventolata dal cockpit in stile

Ayron Senna – il suo modello, da sempre