Background Image
Previous Page  34 / 96 Next Page
Basic version Information
Show Menu
Previous Page 34 / 96 Next Page
Page Background

34

MONDIALE RALLY

IL CAMPIONE 2014

Stefano Semeraro

Sébastien Ogier ha conquistato il suo

secondomondiale a fianco di Julien Ingras-

sia e inevitabilmente la nuova dimensione

raggiunta con il bis iridato scatena vecchi

paragoni e nuovi soprannomi. A dargli del

“mostro” è L'Equipe, che gli ha dedicato

due pagine per capire e raccontare chi è il

campione che dopo Loeb ha iniziato a

dominare i rally (quasi) come lui. I nove

titoli dell'alsaziano sono lontani, lontanis-

simi, ma a quota due Ogier ha già raggiun-

to Walter Rohrl, Miki Biasion, Carlos Sainz

e Marcus Gronholm. Nomi importanti,

anzi: mostri sacri. E ci è riuscito dimostran-

do di saper stravincere, ma anche sempli-

cemente vincere, senza rischiare troppo,

per portare a casa il risultato che conta.

«E non sono certo il primo che si compor-

ta così – ha dichiarato a L'Equipe – un altro

Sébastien lo ha fatto a lungo, ed è l'approc-

cio giusto. Va bene essere un po' guasconi,

ma alla fine bisogna saper dimostrare di

saper anche gestire un campionato». Alla

Volkswagen, Ogier ha dovuto soprattutto

gestire il duello con il compagno di squadra

Jari Matti Latvala, che avrebbe potuto sca-

tenare una faida interna dalle ricadute

drammatiche. Jost Capito, grande boss del

team, però ha fatto onore all'etimologia del

suo cognome e ha compreso che non era il

caso di fare pressioni, di stilare gerarchie in

corsa, di diramare ordini di scuderia immi-

schiandosi troppo, e Ogier ha molto

apprezzato.

Anche se ha pagato con un paio di brutti

incidenti il poco sereno periodo estivo in

cui la discussione sul futuro regolamento

disciplinare pareva avere lui come bersa-

glio.

«Se sono un egoista? Be', quello secondo

me è un tratto imprescindibile se vuoi esse-

re uno sportivo di alto livello», prova a rac-

contarsi «Per anni mi sono dedicato solo ai

rally e questo mi ha fatto arrivare così in

alto. Ma in estate mi sono sposato e questo

mi ha insegnato a condividere un po' più il

mio tempo, e a capire che se voglio essere

davvero felice ora le corse non sono più

l'unica cosa che conta».

Egoismo e orgoglio, un'altra caratteristica

che in passato ha provocato qualche pro-

blema a Ogier, cresciuto per anni nell'om-

bra opprimente dell'«altro» Sébastien.

«Anche l'orgoglio è necessario per eccelle-

re, ma a volte per me si è trasformato in

qualcosa di snervante, chemi faceva perde-

re il senso della misura. Con gli anni ho

imparato a controllarlo. Anche quando ho

avuto l'incidente in Germania mi sono det-

to: non farti distrarre dalle discussioni sul

futuro, datti una svegliata e non mettere in

pericolo te stesso e Julien».

Sposato con una tedesca di Monaco di

Baviera, la presentatrice tv Andrea Kaiser,

notissima nel suo paese, Ogier ha impara-

to anche ad apprezzare le qualità della Ger-

mania nel motorsport: «Corro con la Vol-

kswagen, ho sposato una tedesca, e abitan-

do vicino al Lago di Costanza visito spesso

Monaco, una città chemi piacemolto, men-

tre ad esempio, essendo nato in un posto

un po' lontano da tutto, in montagna, non

riuscirei mai a vivere a Parigi. I tedeschi

costruiscono delle gran belle vetture, però

hanno un modo di lavorare diverso e biso-

gna rispettare certe procedure. All'inizio

può essere fastidioso, ma sul lungo termi-

ne funziona molto bene.

Ecco, se c'è una cosa che devo migliorare è

la lingua: non parlo ancora troppo bene il

tedesco– aggiungeOgier –Ribery (il nazio-

nale francese stella del Bayern Monaco,

ndr) se la cava meglio di me». Al suo fian-

co nell'abitacolo, Julien Ingrassia è l'uomo

incaricato di calmarlo, di farlo sbollire.

«Ogni tanto sono impaziente, e allora ten-

do a diventare aggressivo, Julien sa che in

quei momenti è meglio lasciarmi in pace,

non parlarmi troppo. Quando sono passa-

to alla Volkswagen ho dovuto vivere un

anno di transizione senza il Mondiale, nel

2012, e anche quello stop mi ha aiutato a

prendere le cose con più calma. Se ero

impaziente di battere Loeb? La verità è che

ho sempre avuto fretta, anche nella vita pri-

vata. E credo che questo mi abbia aiutato

in generale».

L'Equipe gli ha proposto di scegliere fra

quattro parole: riso, sogno, rivincita e rigo-

re. «Scelgo rigore, perché io sono fatto così

ed è una cosa che apprezzo anche negli altri.

Non sopporto invece i disonesti, le cose

poco chiare. Sono un tipo diretto, mi aspet-

to che anche gli altri lo siano. Ma mi piace

anche 'sognare', perché diventare pilota

professionista e campione del mondo era il

mio sogno di ragazzo. Fino ad ora l'ho avu-

ta, una carriera da sogno, ma i sogni non

sono finiti: mi piacerebbe correre la 24 Ore

del Nurburgring, magari provare l'Audi

R18 alla 24 Ore di Le Mans». Perché smet-

tere di sognare, in fondo?