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stato eseguito alla perfezione: occhi allo

specchietto, e vedi di portare la macchina

alla fine intera”.

Tre anni fa il teamGibbs ti ha appieda-

to e sei arrivato da Penske. Cosa è cam-

biatoper fartidiventareilpilotavincen-

te che sei ora?

“E' sempre una combinazione di cose. A volte

Dio ti mette in delle situazioni e tu non com-

prendi il motivo, devi solo fare del tuomeglio.

Nonpensosiaunsegretochesonoarrivatoalla

Sprint Cup troppo giovane e inesperto. Non

sapevo cosa dovevo fare e ho dovuto iniziare

dal fondo. Ovviamente, il passaggio al Team

Penske è stato la miglior mossa della mia car-

riera. E' stata un'opportunità di riprendermi

ed essere l'adulto che volevo, non più il ragaz-

zino di 18 anni, e non fare altro che lavorare

duro. Nella palestra al team c'è una frase che

dice "lo sforzo è uguale ai risultati". E' solouna

frase, però ha un gran significato perché tutti

lavorano duro: lo scorso anno non eravamo

stati forti sui superspeedway, e anche io stes-

so come pilota non sonomai stato così forte in

questi pacchetti ravvicinati. Io, il mio crew-

chiefToddGordoneTab,ilmioSpotter,abbia-

mo guardato molti video per capire come

migliorarci. Abbiamo anche rivisto lo shoo-

tout, il mio duel e la gara Nationwide. Abbia-

mo fatto tutto ciò che era nelle nostre possibi-

lità per prepararci. E "lo sforzo è uguale ai

risultati".

Qual è stato il momento chiave della

transizione?

“Quandotichiediseavraiunlavorol'annosuc-

cessivo, èdura. Loè stato inparticolareperme

perchémisonotrovatosolo,enonsapevocosa

sarebbe successo. La vittoriaaPoconodi quel-

l'anno, ancora col team Gibbs, è stata la più

importantedellamia vitaperchéhodimostra-

to che potevo farcela anche se il mio destino

era sospeso. Chi l'avrebbe detto che, tre anni

dopo, avrei vinto Daytona?”

Jeff Gordon si è appena ritirato dopo

una lunghissima carriera. Quando

capiterà anche a te, come vorresti esse-

re ricordato?

“Domanda difficile. Penso di avere almeno

altri 20 anni di carriera, è difficile guardare

così avanti. Ma, come persona, voglio esse-

re riconosciuto oltre le mie qualità di pilo-

ta. Voglio essere ricordato come una brava

persona che aiuta gli altri e cerca di restitui-

re quello che ho avuto. Come uno con cui è

divertente stare e che si goda la vita da pilo-

ta. Che è la migliore possibile”.

Dopo le rotture di Brad Keselowski e

di Ryan Blaney eri preoccupato della

possibile tenuta del tuo motore?

“Certo, c'erano stati due motori rotti, ma

alla fine era lo stesso. C'erano molte Ford

ancora in pista. Un minimo di preoccupa-

zione c'è stata: ho chiesto a Todd se c'era

qualcosa che potessi fare, e quando mi ha

risposto di no, ho smesso di preoccuparme-

ne e ho detto: Ok dite una preghiera. Alla

fine, il motore ha retto, anche con tutti i bur-

nout.”

E' stato difficile tornare in pista dopo

aver perso il titolo 2014 per un pro-

blema ai box negli ultimi giri dell'ul-

tima gara?

“Non me ne sono preoccupato molto. E' il

passato e io mi concentro sul futuro, altri-

menti non si possono fare passi avanti.

Ovviamente ero frustrato al termine della

gara, ma la squadra ha retto e ci siamo

migliorati ulteriormente. Nelle due settima-

ne di Daytona, ogni singola sosta è stata per-

fetta e so, da pilota, di avere il team miglio-

re in circolazione”.

C'è un gran movimento di giovani, ed

in particolare Elliott e Larson stanno

avendo molte attenzioni...

“Il fatto è che ho quasi la stessa età che han-

no loro e sette anni di esperienza in più, i

risultati del lavoro fatto in precedenza si

vedono. Comunque c'è un gran movimento

in termini di giovani piloti, e io mi sento

ancora coinvolto. Sapete perché mi piaceva

Jeff Gordon? Perché era giovane. Ed è que-

sto il modo per arrivare ai ragazzi. Dato che

sono presente già da diverse stagioni, vor-

rei riuscire ad avere lo stesso ruolo nel per-

corso della NASCAR”.

Qual è la sensazione del dopo-vittoria

in una gara così importante?

“Mi ricordo la prima Daytona 500, ho visto

la macchina, camminato con mio padre per

la pit-lane e a momenti mi mettevo a pian-

gere. E' una sensazione magnifica solo esse-

re parte della gara. Vincerla è 10 volte

meglio. Sono stato negli studi della FOX a

Hollywood, e c'era un poster di unamacchi-

na che faceva i burnout con scritto ‘Joey

Logano, campionde della Daytona 500’.

Come hai festeggiato?

“Onestamente, non sono un granché a

festeggiare. Anche perché, quando ho ini-

ziato a correre, non avevo ancora 21 anni

quindi lemie feste erano latte e biscotti. Ora

ho l'età ma di solito, dopo la gara, mi siedo

semplicemente con mia moglie Brittany a

riguardare la registrazione”.