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GP BAHRAIN

Bernie Ecclestone

Stefano Semeraro

La F.1 è un business. Punto. Bernie Ecclestone l'ha sempre pen-

sata così – anche perché è il “suo” business – quindi è inutile stu-

pirsi se la logica dell'incasso arriva a toccare anche territori che

sembravano riservati all'identità e alla tradizione più profonda della

F.1. «Due anni fa avevo stretto un accordo con delle persone che

adesso non sono più coinvolte nell'autodromo», ha ribadito qual-

che giorno fa a Pino Allievi sulla Gazzetta dello Sport. «L'accordo

prevedeva che per Monza venissero applicate le stesse condizioni

economiche degli altri circuiti europei (20 milioni di euro a Gp, ndr).

Tutto fatto, strette di mano. Non è successo nulla...». Bernie fa sa-

pere che per quest'anno il contratto c'è, ma dall'anno prossimo sul

futuro del GP d'Italia campeggia un grande punto interrogativo. E

che il Supremo sappia fare sul serio, molto sul serio quando di

mezzo c'è il 'grano' lo si è visto anche di recente con il GP di Ger-

mania. «Perché fare condizioni diverse da Zeltweg o Spa?», conti-

nua Ecclestone. «La F.1 si paga. E in Germania non hanno voluto o

potuto pagare». Colpa di una “fee”, di una tassa d'iscrizione

troppo alta? Vendetta anti-teutonica per la causa di corruzione che

ha rischiato di farlo finire in gabbia? L'uomo che ha trasformato

uno sport in un affare di dimensioni stellari rispedisce al mittente

le accuse. «Io ho solo una percentuale. Gestisco la parte commer-

ciale della CVC (il fondo di investimento proprietario della F.1, ndr).

Poi i soldi se li dividono i costruttori. Io rappresento la società che

detiene i diritti e cerco di fare il mio lavoro nel miglior dei modi

possibile. Ricomprare le mie quote? No, semmai sono loro che da

un momento all'altro potrebbero dirmi di accomodarmi alla porta».

Tornare ai V8

e ai 1000 cavalli

Di Marchionne ha una ottima considerazione («Sergio è un tipo

che sa quello che vuole e sa come arrivarci, non uno che parla a

vanvera senza fare niente») e dopo la visita del Presidente Ferrari

a Gstaad all'indomani della suo arrivo a Maranello, sono previsti

altri colloqui fra i due. Sul tavolo il futuro della F.1. «Bisogna tor-

nare ai motori aspirati e con il kers, riducendo drasticamente i

costi in modo da renderla conveniente per chi in F.1 c'è già e per

chi vuole arrivarci. Basterebbe prendere dei vecchi V8 e aumen-

tare la cilindrata per tornare alla soglia dei 1000 cavalli di po-

tenza. Tornerebbe la gente, tornerebbe lo show, tornerebbero gli

sponsor». Non un'idea così distante da quella di molti appassio-

nati in fondo. Per ora un cerotto sulla crisi ce l'ha messo la Fer-

rari, tornando competitiva («ha dimostrato che la Mercedes si

può battere. Mi pare un campionato avvincente e incerto, ci di-

vertiremo ancora»), ma oltre al lato tecnologico e puramente

sportivo, è questo il chiodo fisso di Ecclestone, bisogna pensare

allo show, all'intrattenimento.

Pronta a entrare Baku

Europa sempre più lontana

«La F.1 non è solo tecnologia, ma divertimento, noi dobbiamo

pensare a chi paga il biglietto e vuol vedere un grande spettacolo

sportivo. E' un giro di soldi: la gente paga il biglietto, l'organiz-

zatore incassa e e paga noi che a nostra volta giriamo i soldi ai

team insieme con i diritti tv. Ma se calano l'audience e il pubblico

è un problema». A suo parere Dietrich Mateschitz, il boss della

Red Bull, abbaia, ma non morde («altro che lasciare la F.1, lui vor-

rebbe continuare a lottare per il Mondiale. Ma le power unit sono

complicate perché esigono una tecnologia costosissima»), e

anche in fatto di GP fuori dalla sua porta c'è una coda di organiz-

zatori, anche impensabili fino a qualche anno fa, pronti a pren-

dere il posto di Monza o Hockenheim, e pagando un fior di

quattrini. Come ad esempio Baku, in Azerbajan, già in calendario

nel 2016 nonostante le polemiche sul rispetto dei diritti umani. Un

tasto al quale Ecclestone per la verità non ha mai dimostrato ec-

cessiva sensibilità. «Controlleremo anche quell'aspetto, ma non

mi sembra che ci siano problemi, tutti sono contenti», ha dichia-

rato alla stampa estera ad Al Sakhir. «Che sia in calendario non è

in discussione, sarà un'altra bella gara». La conclusione, insomma,

è una sola: chi paga è dentro, chi non ai soldi sta fuori. «L'Italia ri-

corda un po' la Germania, dobbiamo aspettare a vedere come

vanno le cose. Inconcepibile che non si corra a Monza? Mi hanno

detto lo stesso quando è successo in Francia e in Germania. Ep-

pure abbiamo dei buoni rimpiazzi, no?». Ecco, su questo si può

discutere, Mr Ecclestone.