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GP UNGHERIA
Ferrari
Stefano Semeraro
La Ferrari, finalmente. Un team di nuovo vincente,
anche se non il miglior team sulla griglia, e va bene così,
perché alla fine il ruolo della Rossa quest'anno è esat-
tamente questo: cogliere le occasioni, infilarsi nei buchi
lasciati liberi dalla corazzata Mercedes. Anche saper ap-
profittare delle giornate nere della concorrenza – e a
Budapest per Hamilton & Co. è stato davvero buio
pesto – bisogna avere talento, grinta, qualità. Tutto
cose che Sebastian Vettel, e Kimi Raikkonen finché la
macchina glielo ha consentito, è riuscito a fare. Comin-
ciando dall'inizio, cioè da quello start magnifico propi-
ziato da un software perfezionato da Maranello e
realizzato dai due ferraristi, continuando con la ge-
stione inappuntabile delle strategie e dei pit-stop, e fi-
nendo con i nervi saldissimi di Vettel che ha dimostrato
di essere ancora lo stesso fuoriclasse degli anni dorati
in Red Bull cavandosela alla grande anche nei momenti
di maggior pressione. Ad esempio quando dopo la sa-
fety car Rosberg gli si era messo alle calcagna: lui non
ha sbavato di un millimetro mentre Nico non è mai riu-
scito a trovare l'ispirazione (o la grinta?) per tentare un
sorpasso.
Il weekend non era iniziato certo bene per la Rossa, tor-
mentata sia venerdì sia sabato da problemi seri, ma il
team ha saputo reagire, rimettersi in sesto, azzeccare
l'idea giusta (puntare tutto sulla partenza) e farsi tro-
vare pronto quando l'occasione si è presentata. L'unico
passo falso della Ferrari è stato il guaio al kers di Raik-
konen, ma lì si entra in un discorso diverso.