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GP USA
Lewis Hamilton
Pian piano, nel corso della sua carriera Hamilton è cambiato.
Si è fatto insieme più profondo e più freddo, più capace di
controllare nervi ed emozioni nell'abitacolo. E in un certo
senso più simile al suo modello, a cui pare voler rubare un
po' di “aura”, di misticismo, di ispirazione: basti pensare al
silenzio commosso delle prime comunicazioni radio dopo la
bandiera, a quell'inchino nella saletta prima del podio o alla
voglia di comunione con i suoi fan, più o meno illustri, esi-
bita nel dopo gara. Si sente un profeta, Lewis, magari anche
solo di se stesso. Comunque un uomo che ha completato la
sua missione e ora dovrà cercarsene una nuova. «Per me Ayr-
ton e Lewis si assomigliano sotto tanti aspetti», sostiene
David Coulthard, «hanno la stessa spiritualità e la stessa ve-
locità naturale. Tutti e due possono commettere errori
quando sono sotto pressione, e quest'anno a Lewis è capi-
tato a Silverstone. La differenza è che Senna temeva Prost e
Prost temeva Senna, mentre oggi Lewis non teme nessuno.
Vettel e Alonso sono piloti eccezionali, ma lui sa di poterli
battere entrambi. Lo conosco da quando aveva 10 anni e una
vocettina gracchiante e ora sono convinto che sia il Senna
della sua generazione». La prossima sfida - ne è convinto Ha-
milton per primo, e lo sperano in molti - è con la Rossa e con
Vettel. Il rivale che un tempo snobbava ma che da quando è
approdato alla Ferrari guarda con occhi diversi. Se l'è scelto
lui, sul podio di Austin, e anche questo è un sintomo di gran-
dezza.