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Marco Cortesi

Chi ha vinto Indy? Domanda scontata ma fino ad un certo

punto considerando un finale assolutamente imprevedibile e

all’ultimo respiro. Ha vinto ovviamente Alexander Rossi, che

ha eseguito al meglio una strategia all’apparenza rischiosis-

sima. Ma, soprattutto, che ha scelto una squadra, tra le varie

proposte, quella con al timone due personaggi come Michael

Andretti e Bryan Herta. In altre parole, al volante della Dallara-

Honda numero 98 avrebbero potuto esserci tanti altri piloti, e

avrebbero prevalso lo stesso. Ma intanto c’era il ventiquat-

trenne californiano, reduce da un’esperienza deludente in For-

mula 1 (e come può non essere deludente una stagione

parziale con la Manor?) e da un secondo posto finale in GP2.

Ha scelto bene e si è fidato ad occhi chiusi in un finale in cui

non c’era nulla da perdere. Non è un concetto scontato: tanti

piloti di formazione “europea”, per quanto forti, si scontrano

con la filosofia americana e perdono per KO. Solo pochi tro-

vano invece l’apertura mentale per riuscire nel salto di qualità.

Andretti ed Herta

un pacchetto vincente

Andretti ed Herta, che coppia. Proprio Herta era stato in parte

artefice, con la sua sensibilità strategica e da collaudatore, dei

successi della scuderia nella prima metà degli anni duemila. Ma

anche, stavolta al muretto box, dell’emozionante vittoria di Dan

Wheldon nel 2012. Visto collassare il sogno di una propria scu-

deria tra sponsor non paganti e difficoltà economiche, è tornato

a casa. Così il team ha fornito ai propri piloti dei veri e propri ae-

roplani (a fine rettilineo, Rossi ha raggiunto anche i 390 km/h)

anche grazie alla ritrovata competitività del pacchetto Honda.

Ha poi dato a Rossi, che aveva solo un’esperienza su ovale a

Phoenix, senza mai aver girato nemmeno nei test, il giusto “tu-

toring”. E ha fatto poi la differenza con la chiamata strategica

giusta al momento giusto. Che ora, da follia che sembrava al mo-

mento, appare in tutta la sua genialità. Con trentasei giri al ter-

mine, ripartendo in nona posizione, quante possibilità c’erano di

riuscire a farsi strada contro Carlos Munoz ed un Tony Kanaan in

forma smagliante? Meglio rallentare il passo sin da subito e ten-

tare il colpaccio. Rossi, negli ultimi due passaggi ha perso oltre

30 secondi, e ha finito il carburante nel giro di rientro. Ma ha

anche approfittato della scia dei compagni superstiti, che si sono

offerti di buon grado di aiutarlo. Non male come precisione.

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Per nulla

al mondo

i vincitori

potrebbero

rinunciare

all’omaggio

della “The

Brickyard”,

la linea

del traguardo

più famosa

al mondo

Chi è Rossi

Nato ad Auburn (California – USA)

il 25 settembre 1991

2007 – 3° F.BMW americana

2008 – 1° F.BMW americana

2008 – 1° Finale Mondiale F.BMW

2009 – 4° F.Master

2009 – Test BMW F.1

2010 – 4° GP3

2011 – 3° World Series Renault 3.5

2011 – Test Lotus F.1

2012 – 11° World Series Renault 3.5

2012 – Test Caterham F.1

2013 – 9° GP2

2013 – Tester Caterham F.1

2014 – 21° GP2

2014 – Tester Caterham + Manor F.1

2015 – 2° GP2

2015 – 5 Gran Premi F.1 con Manor

2016 – Indycar

Per Alexander Rossi oltre alla classica corona d’alloro

anche un bell’assegno di circa 2 milioni e 300mila euro