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GP GRAN BRETAGNA

Il caso

Massimo Costa

La morte di Jules Bianchi, oltre che aver gettato nello sconforto tutto il mondo del

motorsport, ha lasciato profonde ferite nella FIA e le conseguenze le vediamo oggi

su tutti i campi di gara dove la Federazione è coinvolta. E sì, in direzione corsa sono

terrorizzati che possa accadere un incidente grave per colpa delle loro scelte, e al-

lora ecco che dal trattore gru bellamente autorizzato a entrare in pista durante un

bagnatissimo GP del Giappone 2014, che poi provocò il tragico impatti di Bianchi

uscito di pista proprio in quel punto, si è passati a un eccesso di sicurezza. La prima

domanda è: ma se la FIA si è auto assolta con quella farsa del processo interno che

vedeva il colpevole unico Charlie Whiting far parte della commissione di inchiesta,

scaricando tutte le colpe del drammatico incidente di Suzuka 2014 sul povero Bian-

chi, come mai Whiting (che ovviamente rimane al suo posto neanche fosse un par-

lamentare italiano) ora è terrorizzato ogni volta che due gocce di acqua cadono su

un circuito? Sensi di colpa della FIA? Diremmo proprio di sì perché le safety-car pro-

tagoniste quando spioviggina non vi sono soltanto in F.1, ma per esempio anche

nel campionato FIA F.3 e in tutte le altre serie col marchio della Federazione. Que-

st’anno è stato raggiunto il top del top alla 24 Ore di Le Mans, con la vettura staf-

fetta in pista per 50 minuti per un acquazzone abbattutosi almeno un’ora prima

della partenza. L’asfalto era divenuto praticamente asciutto, ma la SC rimaneva in

pista tra i fischi feroci del pubblico, lo sdegno di grandi ex come Jacky Ickx e il di-

sappunto dei team principal che nel frattempo chiamavano i loro piloti ai box per

montare le gomme slick. E più o meno è quanto accaduto domenica a Silverstone

con la SC davanti a un nervosissimo Lewis Hamilton, che ha anche tentato il sorpasso

provocatorio. C’era acqua sul tracciato, ma come hanno detto gli stessi piloti, ba-

stavano due giri in regime di SC per capire dove si trovavano le pozzanghere, quali

fossero i punti più insidiosi, e comunque la pista si stava velocemente asciugando.

E invece no. I piloti si sono ritrovati a sostituire le gomme da pioggia pesante pas-

sando alle intermedie al termine di una processione senza senso durata sette giri.

Il campione del mondo Hamilton ha dichiarato: “Potevamo partire senza safety-car,

c’era acqua ovviamente, ma la potevamo gestire e del resto queste devono essere

le corse. Ricordo che nel 2008 c’era molto più bagnato, ma partimmo da fermi…”.

Per Vettel invece: “Partire con la safety-car è stato giusto perché nella prima parte

del circuito c’era molta acqua, sono sempre decisioni difficili da prendere”. Mentre

mediamente gli altri piloti, pur d’accordo sul partire con la SC, hanno detto in coro

che è rimasta in azione troppo a lungo: “Bastavano due tornate”. Non vedremo

dunque mai più una partenza di un Gran Premio di F.1 mentre piove? Pare proprio

che sia questa la linea intrapresa dalla FIA. Gli incidenti fanno parte del gioco, ci

sono e ci saranno sempre, perché mai aumentare il rischio? Questo in sintesi il ra-

gionamento che ormai si è impossessato di Jean Todt e compagnia.

Radio proibite,

quanta ipocrisia

Poi, a Silverstone è esploso il primo caso delle comunicazioni radio. Altro punto che

ha suscitato parecchie polemiche nel corso dell’inverno. Di fatto, un ingegnere non

può comunicare al proprio pilota quel che deve fare nel caso la vettura abbia un

problema di natura, per lo più elettronica. Tutto questo per far tornare il pilota al

suo ruolo primario, senza aiuti esterni che stavano snaturando l’idea del cavaliere

del rischio. Tutto bello in teoria. Ma se la FIA è la prima ad avere portato le mono-

posto sulla via della iper tecnologia, incomprensibile per tutti se non agli ingegneri,

con volanti che non sono più volanti, ma consolle di comando da far invidia alla

Nasa, pretendere che poi un pilota mentre è impegnato a portare a termine un GP

si ricordi tutte le funzioni per intervenire tra manettini e bottoncini (esistono manuali

enormi da studiare), francamente è un po’ troppo. Qual è il problema se a un pilota

viene suggerito come sbloccare il cambio dalla settima marcia (nel caso di Nico Ro-

sberg), dov’è il gesto anti sportivo, lo svilimento del semplice atto di guida. Sono

ben altre le cose, targate FIA, che gettano ombra sulla classe dei piloti, ovvero tutta

la tecnologia di cui è annaffiata una attuale monoposto di F.1, dai freni… che frenano

per conto loro alla cascata di elettronica, al DRS. Però, spiegare a un pilota come ri-

solvere un problema è diventato un atto proibito. L’ipocrisia della FIA è senza fine.