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GP ABU DHABI
Il campione
Stefano Semeraro
Ci sono vite che sembrano facili e invece si portano dentro
veleni nascosti, dubbi sepolti. Nasci a Montecarlo, sei ricco,
bello, tuo padre è un campione del mondo di Formula 1 e ti
piacciono le macchine: cosa vuoi di meglio? Ecco, proprio
quello è stato il problema di Nico Erik Rosberg, nato a Wie-
sbaden il 27 giugno del 1985. Dimostrare che c'era un meglio
alla sua portata.
Ci sono figli che scansano i confronti, scegliendosi un sentiero
diverso, altri che se li vanno a cercare dritto per dritto, sa-
pendo che possono farsi male e anche che non potrebbero
fare altro. Damon Hill, l'unico altro pilota nella storia di for-
mula 1 capace di ripetere le imprese di papà, vinse il titolo
nel 1996, a 34 anni di distanza dal primo portato a casa da
papà Graham (1962, il secondo nel 1968), la stessa distanza
temporale che corre fra quelli di Rosberg senior e Rosberg
junior. Un caso, mentre forse non è lo è stata la depressione
di Damon, confessata qualche tempo fa, il suo male di vivere
in assenza del padre, morto in un incidente aereo, e poi ap-
parentemente senza più uno scopo, dopo quella promessa
mantenuta, quel debito pagato ad un ombra lontana, nono-
stante la bella moglie, la bella casa, la bella vita e tutto il resto.
Curiosamente sia Hill sia Rosberg figlio si sono dovuto con-
frontare con Michael Schumacher, l'inglese da avversario e
basta, Nico da compagno di squadra, quindi da avversario al
quadrato. Tutti e due per diventare grandi lo hanno dovuto
battere, solo che Rosberg poi si è trovato un altro simil-Schu-
macher in squadra, Lewis Hamilton, il compagno dell'adole-
scenza passata in kart trasformatosi nell'incubo del garage
accanto. Rosberg però a differenza di Hill attraverso tutti i riti
di passaggio accanto un padre ce l'ha avuto. Keke il tricheco,
stereotipo del pilota selvaggio e gaudente anni'70, che no-
nostante le mille sigarette e le diverse fidanzate consumate
un mondiale se l'era messo in tasca nel 1982, correndo sem-
pre all'arrembaggio su una Williams che non era da primato.
Raggiungendo alla distanza avversari e fantasmi che lo ave-
vano staccato: Villeneuve, Pironi, Tambay. Tolto il casco e
messa a posto anche la testa Keke ha guidato il fi-
glio passo per passo, aprendogli molte porte,
chiudendole alcune («se vuoi andare alla Ferrari
fai pure, ma non con la mia benedizione»), mo-
strandogli la strada che bisogna percorrere.
Nico ha capito quasi subito di non avere il
dono, il talento assoluto, ma di poterselo
costruire. Contro il primo Hamilton ha
visto di che pasta sarebbero stati fatti i
suoi rivali, nei quattro anni alla Williams
ha capito di che cosa aveva bisogno
lui. Battagliando contro lo
Schumacher rientrato
dopo il primo ritiro ha
scoperto che i miti si
possono anche affon-
dare, a fianco del se-
condo Hamilton ha
realizzato che certe
paure ti rimangono
dentro e per vincere
non ti basta superarle
una volta, ma devi af-
frontarle ad ogni gara.