Quali piloti considera più interessanti in vista della prossima
stagione?
«Domanda difficile, visto che io evidentemente non posso avere dei
favoriti!I piloti alla seconda stagione avranno ovviamente un vantaggio
dovuto all'esperienza, ma nella USF2000 la nuova vettura sarà un fattore
equilibratore. Il pilota che emergerà dallo spareggio di dicembre che mette
in palio una borsa di 200.000 mila dollari verrà finanziato per la stagione
2017 della USF2000, e visto che emergerà da una gara molto serrata sarà un
pilota, o una pilotessa, da tenere sotto osservazione. Nella Pro Mazda, il
nostro campione USF2000 (l'australiano Antony Martin, ndr) salirà di un
gradino e dovrà dimostrarsi competitivo visto che tenterà di approdare
nella Indy Lights attraverso la Pro Mazda in una sola stagione. Sarà molto
divertente da vedere».
Come è iniziata la collaborazione con la Tatuus, e perché ha scelto la
factory italiana?
«Negli anni '90 io ero il proprietario e l'organizzatore della USF2000 e in
quegli anni liberalizzammo i regolamenti che riguardavano il telaio, cosa
che ci portò ad avere sei o sette diversi costruttori coinvolti con i nostri
team. La Tatuus entrò nella serie, credo nel '98, e immediatamente si
dimostrò in grado di fornire una vettura di qualità superiore. Vendetti la
serie nel 2001, i nuovi proprietari scelsero di avere un solo telaio, e così
persi di vista la Tatuus. Nel 2010 la IndyCar mi ha chiesto di prendere parte
alla rinascita della USF2000 che aveva smesso di esistere nel 2006. Ho
accettato, e quando è stato il momento di scegliere un nuovo telaio, subito
la Tatuus è entrata a far parte della lista di costruttori da cui intendevo
ricevere un progetto. Non ho mai dimenticato la macchina che avevano
portato nel 1998, e li ho sempre tenuti in grandissima considerazione».
Dopo i primi test a Indianapolis che impressione ha ricavato dalla
nuova Tatuus USF‐17? Che cosa le piace di più della monoposto?
«E' un'ottima macchina da corsa, che offre un grande rapporto
qualità/prezzo. Contiene quello che cercavamo, ovvero l'utilizzo di un
minore carico aerodinamico che consenta di avere gare più combattute e
un migliore addestramento per i piloti. E' la qualità che mi aspettavo, il
livello di eccellenza della Tatuus, una macchina che dà ai giovani tutto ciò
di cui hanno bisogno. Tutte i riscontri che abbiamo avuto dopo i test sono
stati positivi, e sono convinto che questa macchina trasformerà in meglio
la categoria».
Come dovrà essere la monoposto per il campionato 2018 della Pro
Mazda, che sta realizzando sempre la Tatuus?
«Il nostro progetto prevede più aerodinamica (e regolazioni per il pilota),
più cavalli e più gomma. Ci aspettiamo uno sviluppo del cambio e un passo
in avanti nelle sospensioni. L'idea è quello di preparare i piloti per la Indy
Lights, e sono sicuro che la PM‐18 sarà perfetta per questo».
Le vetture Tatuus e Dallara gareggiano negli Usa, mentre nel 2016 un
team statunitense, quello di Gene Haas, ha partecipato alla F.1.
Pensa che in futuro vedremo una più stretta collaborazione fra gli
Usa e l'Europa nel motorsport?
«E' la mia speranza. Abbiamo davvero migliorato il tipo di preparazione
che impartiamo ai piloti nella Mazda Road to Indy, e mi auguro che
possano trovare la loro collocazione in tutte le realtà mondiali. E che più
team stranieri possano vedere un'opportunità qui negli Stati Uniti».
Per finire: si ricorda di qualche episodio particolare che riguarda la
sua amicizia con Gianfranco De Bellis?
«La Tatuus portò uno staff veramente adorabile e divertente in pista nel
1998 e nel '99, li apprezzavamo davvero. Mi ricordo di una partita a calcio
che organizzammo a Mid‐Ohio fra l'Italia e il resto del mondo; io giocai e
penso anche Gianfranco. Vinsero gli italiani, ma io credo che fu perché il
resto del mondo impiegò tutte le pause e l'intervallo a bere un po'
troppo!».
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