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MONDIALE RALLY
SÉBASTIEN OGIER
“Anche tu gli hai chiesto se si considera
l’erede di Loeb?”. A Olivier Quesnel non è
sfuggito che il vecchio cronista ha approfit-
tato della tranquillità del primomattino per
scambiare quattro parole con Sébastien
Ogier e punta sulla provocazione per farsi
raccontare l’argomento della chiacchierata.
L’anzianità di servizio evita al cantastorie di
cadere nella trappola e il gran capo delle
attività sportive della Citroen non insiste.
Ma non rinuncia a esprimere il suo dissenso
nei confronti di chi ha già cominciato a pen-
sare, dire e scrivere che sarà il ragazzo delle
Hautes Alpes a prendere nelle classifiche il
postodell’Extraterrestre. “La storia, per ora,
si regge solo sul fatto che sono entrambi
francesi e che hanno lo stesso nome. Un po’
poco”, osserva il condottiero dell’Armata
Rossa. Preoccupato che il paragone metta
troppa pressione sulle spalle di un ventise-
ienne che solo due anni prima si batteva nel
campionato francese. Che a nessuno, nep-
pure nell’Esagono, passa per la testa di rite-
nerlo il più bello del mondo, ma che da anni
sforna campioni e campioncini con impres-
sionante regolarità.
Spettatore in un appuntamento della serie
transalpina, sua maestà Loeb l’aveva nota-
to. E aveva sussurrato all’orecchio di Guy
Frequelin che sarebbe stato interessante
dargli una possibilità. Non se n’era fatto
niente: a un passo dalla pensione, Grizzly
non se l’era sentita di investire su un altro
giovane. A permettergli di mostrare il suo
valore al bel mondo era poi stato Jaques
Regis. Ricorda Quesnel: “Subito dopo l’an-
nuncio che avrei preso il posto di Guy,
Regis mi contattò per parlarmi di Ogier, me
lo descrisse come un potenziale campione
del mondo e mi disse che si doveva fare
assolutamente qualcosa per permettergli di
disputare il Mondiale Junior. A nome della
federazione francese si impegnò a coprire
il cinquanta per cento del budget e, per vin-
cere le mie perplessità, rilanciò offrendo il
settanta per cento”. Il resto della storia è
noto. Con la Citroen, il perito meccanico
nato e cresciuto a Gap ha vinto il mundia-
lito, guadagnandosi sul campo la possibili-
tà di una stagione part-time nel mondiale
dei grandi con una C4. Ha bruciato le tappe,
ha cominciato a vincere e dopo aver insi-
diato il trono di Loeb ha scelto di cambiare
aria. Scommettendo sulla Volkswagen la
cui vuerrecì era, all’epoca, solo poco più di
un manichino. Ora, a trent’anni, ha vinto il
mondiale.
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