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Stefano Semeraro
Se durante i Gran Premi la regia televisiva, tranne
che alla partenza e all’arrivo, non lo inquadra nean-
che più, una ragione c’è: Sebastian Vettel ormai non
corre contro gli avversari, ma si batte contro la storia
e contro i fantasmi. Quando vola sull’asfalto, la sua
RB9 non è più nemmeno un’astronave, ma una mac-
china del tempo, un complicato congegno che nella
fantasia di tutti e nelle ambigue certezze delle stati-
stiche lo mette in contatto con Alberto Ascari, Juan
Manuel Fangio, Michael Schumacher.
Ad Abu Dhabi, dopo l’illusione regalata a Mark Web-
ber nelle qualifiche, Seb si è smaterializzato allo start
come capitava al capitano Kirk in “Star Trek”, riap-
parendo brevemente all’attenzione di avversari, tele-
camere e tifosi quando incappava in un rilevamento
cronometrico. Alonso alla fine ha provato a sfidarlo
sul giro secco, in una gara di orgoglio molto asturia-
na, ma il risultato è comunque stato da fantascienza:
1 minuto e 7 secondi di vantaggio per il vulcaniano
Vettel su Alonso, 30 secondi sul compagno di squa-
dra Webber.
L’avversario diretto di Vettel del resto, non è più
Alonso, che fatica fra gli umani, ma lo spirito di
Alberto Ascari, l’ultimo italiano capace di agguanta-
re un mondiale, che a cavallo di due stagioni mise
insieme nove vittorie di fila e oggi vive nel mito. Ad
Abu Dhabi, Sebastian ha raggiunto lo Schumacher
del 2004, fra Austin e il Brasile punterà ad acchiap-
pare anche la striscia di nove successi infilata da
Ascari fra il 1952 e il 1953. Il milanese a quei tempi
lottava con Fangio, e visto che allora i GP validi per
l’iride erano al massimo 8-9 all’anno, ingannava il
tempo correndo anche a Le Mans. Chissà che Vettel
prima o poi non si cimenti anche con la 24 Ore: in
fondo a 26 anni e prima della fine della carriera in
F.1, se continuerà con questo passo rischierà di tro-
varsi senza più record da battere.
Per ora, va detto, il problema noia non lo tange. Ad
Abu Dhabi non ha rallentato neanche quando glielo
urlavano disperati nella radio, se avesse potuto
avrebbe probabilmente cercato di doppiare tutti, in
un sogno di onnipotenza che la sua “Heidi” gli con-
sente, stimolando a questo punto lo stupore univer-
sale. Da Marc Gené, che in telecronaca non si racca-
pezzava («non capisco come faccia ad andare così
veloce»), al suo compagno di squadra Webber, che
pure non lo ama, ma che è stato costretto ad ammet-
terlo: «Sebastian è di un altro pianeta».
A riportare Vettel nella nostra dimensione ci hanno
pensato le sue dimostrazioni di affetto per i genitori
(«li amo, da piccolo ho corso tante gare davanti ai
loro occhi, adesso ho solo un giocattolo più grande
fra le mani, mi hanno insegnato tante cose che spero
di trasmettere ai miei figli»), e l’estro alla Pierino
quando ha voluto ripetere i “donuts” che in India gli
erano costati 25.000 euro di molta. Dalla radio gli
suggerivano di portare la macchina ai box, lui si è
divertito a imitare la voce di Raikkonen per scandire
l’ormai famoso motto del finlandese (“I know what
I’m doing”), ma furbescamente per il bis dello show
si è piazzato nella via di fuga. «Stavolta se arriva la
multa la paghi tu», pare gli abbia sibilato Chris Hor-
ner, tra il serio e il faceto, ma i soldi al momento sono
l’ultima preoccupazione del tedesco dal piede d’oro.
Secondo uno studio di Formula Money citato dall’in-
serto finanziario di “La Repubblica”, Vettel ha ormai
un valore commerciale di 45 milioni di euro e se la
batte con i padroni dello sport mondiale, da Roger
Federer a Tiger Woods, da Rafael Nadal al pugile
Mayweather. Nel primo anno alla Red Bull, il suo sti-
pendio era di 10 milioni di dollari, ora siamo arrivati
a 30 (20 milioni di euro), fra le fonti di reddito ci
sono anche le collaborazioni con la Geox, la Infiniti
(ha collaborato al set-up della FX “Vettel Edition” e
ora sta curando la berlina Q30 che sarà lanciata
prossimamente), il ruolo da testimonial per la Lon-
don Pepe Jeans e lo shampoo Head&Shoulder, men-
tre una riproduzione dei suoi caschi su eBay viene
venduta fra i 900 e i 1700 euro, spedizione esclusa.
Fra gli stupiti di tanto successo c’è Vettel stesso:
«Non mi aspettavo neppure io di andare così veloce:
merito del traction control che uso da qualche gara,
ovviamente…», ha avuto anche la brillantezza di
scherzare Seb. «A parte gli scherzi, cerco di ascoltare
queste gomme, che non sono facili da gestire, di
tirarne fuori il meglio. Invece, ignoro i paragoni con
certi nomi del passato, forse perché sono troppo gio-
vane e mi sembra uno choc accostare il mio nome e
a quelli dei più grandi della F.1. Però. tutti guardano
a me e non vedono il grande lavoro che c’è per otte-
nere questi risultati». Pure umile, il ragazzino che,
per esempio, in India dopo i festeggiamenti per il
quarto mondiale ha aiutato i meccanici a smontare
il box.
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