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RonDennis, lei ha stupito tutti que-
st’inverno annunciando il suo ritor-
no alla guida della McLaren. Cosa
l’ha spintaaquestadecisione?
«E’ stataunasceltamoltopersonale, credo
che il motivo vero sia che, dopo duemesi
passati a ricoprireun incaricononoperati-
vo,mi sono resocontoche tuttoquelloche
facevano imieiamici, giocareagolf,pesca-
re, andare in barca a vela, non era quello
che volevo fare io, e che la cosapiù impor-
tante per me rimaneva il mio lavoro. Mi
piace tantissimo la F.1, inoltre sentivo di
aver lasciato incompiuto il progetto che
riguarda le strategie complessive per il
futurodel gruppo».
Come è stato rimanere a guardare
dall’esterno mentre il team lenta-
menteperdevaposizioni?
«Ovviamenteè statodoloroso. Alla fineho
decisochedovevocambiare lamiadecisio-
ne e tentare di raddrizzare il team, elimi-
nando tutto ciò che impedivadi focalizzar-
si su ciò che conta. C’era troppa gente nel
teamdistrattada altre attività».
Che cosa in particolare non stava
funzionando?
«Dobbiamo impararedal passato,manon
restare troppo attaccati al passato. In F.1
ogni singola persona deve essere sempre
concentrata al 100per cento e nonpensa-
re che l’ambiente che c’era nel team, e
attorno al team, fosse vincente. Dunque è
statonecessario cambiare l’ambiente»
Bernie Ecclestone sostiene che lei
fosse addirittura soddisfatto che le
cose non andassero bene nel team
dopo il suoaddio. E’ vero?
«Ah! Ma in realtà io non ho homai detto
addio -ho lavoratoall’aziendadimacchine
stradali eho fatto altre cose all’internodel
Gruppo.Mi sono rilassatoe rimesso in for-
ma. La cosamiglioreperme sarebbe stato
che il team se la cavasse bene, così avrei
potuto fare altre cose che mi piacevano e
godermi lavita. Trovo il commentodiBer-
niedivertente,mapoco esatto».
Lei eEcclestoneavetespessodiscus-
sonel corso degli anni, eppure lui è
sembrato felicedelsuoritorno.Cosa
nepensa?
«C’è un rispetto reciproco. Le persone di
successo, i ‘maschialfa’comevengonodefi-
niti, di solito non vanno molto d’accordo
tra loro, perché hannoopinionimolto for-
ti e sono convintissimi di avere sempre
ragione. Nonostante questo io e Bernie ci
rispettiamo.E’ unacosache risaleamolto,
molto tempo fa.Nellapit-laneBernie,Luca
di Montezemolo, FrankWilliams e io sia-
moarrivati tantissimo tempo fa.E ilnostro
reciproco rispetto risale ad allora».
Forse è un po’ forzare la realtà dire
che il suo ritornoha coinciso con la
risalitadel team. Forseèarrivataun
po’ in ritardo per Martin Whit-
marsh?
«Seunamacchinada corsa la si può setta-
re togliendo un po’ di ala anteriore, cali-
brandomale i freni,male lesospensioni, la
macchina risulterà poco competitiva.
Anche le aziende a volte non hanno biso-
gno di cambiamenti radicali, ma solo di
esseremesseapunto.Quindièdifficiledire
cosa sono riuscito a fare dal 16 di gennaio
adoggi.Maunacosaèsicura,molteperso-
nenel teamnonsapevanoqualeera ladire-
zione giusta. Non erano guidati nella
maniera giusta. Nelle ultime settimane
quellocheho fattoè statoorientare labus-
sola nella giusta direzione. La cosa più
importantechesiottienefacendocosìèevi-
tareche lagentesprechienergie.Quelloche
nonpuoi fare conunamacchina cheman-
ca di carico aerodinamico è darglielo in
fretta: richiede tempo.Quellochepuoi fare
è indicare con precisione l’obiettivo. Puoi
scegliere lepersonemiglioriperraggiunge-
re il tuo traguardonelminor tempopossi-
bile. Ovviamente alla base di tutto c’è la
squadra corse, ma una squadra è fatta di
600 persone, il vero compito di unmana-
ger è fare sì che vadano tutte nella giusta
direzione».
EricBoullierè famosoperessereun
uomo che non ama i compromessi,
come riuscite ad andare d’accordo?
Avete stabilito un confine da non
oltrepassare?
«Non c’è un confine, perché vogliamo
entrambi la stessa cosa. Ci sono cose su
cui riflettere. Quando ero agli inizi i pilo-
ti erano più giovani di me, poi sono stati
dellamia stessa età. Adesso sonopiù gio-
vani di me. Uno dei miei primi piloti, in
F.2, è stato Graham Hill. Allora era già
stato due volte campione del mondo F.1,
e mi chiedevo, ehi, come posso gestire
uno come GrahamHill?Ma ce l’ho fatta.
AyrtonSennaavevapiùomeno lamiaetà,
e tutti sanno chi è stato Senna. Ora c’è
Eric, cheèpiùgiovanedime -quindi dal-
lamiaparte ho la saggezza. Non c’ènulla
che mi possa insegnare sul mondo delle
corse, ma posso dargli dei suggerimenti
sulla strada giusta da seguire, e su come
modificare la sua comprensionedi quello
che è il DNAdellaMcLaren, allo scopodi
essere più efficace nelle sue decisioni.
L’approccio che aveva alla Lotus deve
esseremodificato. Noi siamo un ‘anima-
le’ piùgrosso, siamopiù complicati.Epoi
ovviamente c’è il desiderio di vincere. Il
motivo per cui l’ho voluto è che è molto
competitivo, conosce ilmotor racingper-
chéha raggiunto il vertice partendodalla
gavetta, equesto èun valorequandodevi
guidare un team. Devi sapere cosa succe-
denellecategorie junior, devi saperecosa
significa vincere e perdere lì. Credo che
stia lavorando molto bene, anche se per
ora si tratta solo di treGP».
«CONME LAMCLAREN
HA RITROVATO LA BUSSOLA»
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