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mann nella F.3 europea mentre Vicky Piria
ha corso nella F.3 spagnola e in GP3.
PATRICK E FISHER
LE STAR USA
E’ andata diversamente in America. Nel
continente delle opportunità, le donne
hanno avuto più spazio. In F.Indy, la prima
a correre la 500 Miglia di Indianapolis, nel
1977, fu Janet Guthrie, che tornò a Indy
altre due volte, e fu anche la prima donna
a correre in NASCAR e alla 500 miglia di
Daytona. Per lei, mito delle gare USA, si
dovette cambiare, dopo parecchie assurde
polemiche, la celebre frase dello starter,
che divenne: “Lady and gentlemen, start
your engines!”. A Indy, la seguì Lynn Saint-
James (sette partecipazioni fra 1992 e
2000, miglior risultato: 11°). Da allora,
oltre alla già citata Desiré Wilson, ci sono
state Sarah Fisher (oggi proprietaria di un
team Indycar), Danica Patrick (che ha otte-
nuto i risultati migliori: vittoria a Motegi
2008 e 3° posto a Indy 2009), Katherine
Legge, Pippa Mann, Milka Duno, Ana Bea-
triz e Simona De Silvestro.
MOUTON E MOSS
REGINE DEI RALLY
Va notato, però, che i maggiori successi
femminili nell’ automobilismo sono stati
conseguiti nei rally. La francese Michèle
Mouton, oggi presidentessa della Commis-
sione Women in Motorsport della FIA, ha
vinto quattro gare del Mondiale (e sei del-
l’Europeo) ed è stata vice-campione del
mondo nel 1982. E’ senza dubbio la pilotes-
sa più titolata della storia. In precedenza,
Pat Moss (sorella di Stirling) aveva ottenu-
to podi assoluti a Montecarlo, al Safari e al
RAC negli anni 50 e vinto una grande cor-
sa stradale come la Liegi-Roma-Liegi del
’59. Di caratura simile può essere conside-
rata la vittoria assoluta di Jutta Klein-
schmidt alla Parigi-Dakar del 2001. Proprio
la Mouton ha di recente dato una sua per-
sonale ed interessante spiegazione sul per-
ché le donne si sono affermate di più sugli
sterrati che sulle piste: “Uomini e donne
siamo diversi e quello che ci contraddistin-
gue di più è l’aspetto emozionale. Noi don-
ne abbiamo forse unmaggior istinto di con-
servazione. Abbiamo la stessa capacità di
sfrecciare velocemente e in sbandata a
pochi centimetri da un burrone, perchè è
questione di abilità tecnica, ma forse abbia-
mo una reticenza intrinseca a rischiare tut-
to per andare a cercare l’ultimo millesimo
di secondo su una pista...” .
10 DONNE ALLA
LE MANS DEL 1935
In Endurance, invece, le donne ci sono sem-
pre state e, quasi paradossalmente, più
numerose e più brave nei tempi più lonta-
ni. Tanto per dire, vi furono ben dieci don-
ne al via della 24 Ore di Le Mans del 1935!
Un exploit mai rivisto dopo, così come il
miglior risultato ottenuto da una donna nel-
la classica francese, un quarto posto assolu-
to firmato da Odette Siko nel lontanissimo
1932. I nostri bisnonni, invece, ricordano
ancora con ammirazione Elizabeth Junek,
la bella e raffinata nobildonna cèca, che fu
quinta alla Targa Florio del 1928 dopo aver
condotto la gara. Vinse anche il GP di Ger-
mania nel 1927, unica donna ad imporsi in
un GP ante-formula 1. Forse a quei tempi
eroici dell’automobilismo (come successe
anche nell’aviazione) era più facile venir
accettate fra gli intrepidi pionieri? Fatto sta
che oggi, a Le Mans o nelle grandi classiche
di durata, le donne sono meno numerose e
meno in vista, anche rispetto agli anni ’70-
’80, che videro tante ragazze fra i protago-
nisti, anche su macchine ufficiali: tanto per
fare qualche nome, ricordiamo Annie-
Charlotte Verney (10 partecipazioni a Le
Mans), Marie-Claude Beaumont, la belga
Christine Beckers, DesiréWilson e le nostre
Lella Lombardi e Anna Cambiaghi. Lella e
la Wilson sono peraltro le uniche donne ad
aver vinto garemondiali Sport, con tre e due
successi rispettivamente. E non va scorda-
ta infine l’elvetica Lilian Bryner nelle GT,
vincitrice della 24 Ore di Spa nel 2004.
Pat Moss con il fratello Stirling
Desiré Wilson a Brands Hatch nel 1980
sul podio della F. Aurora
con Norman Dickson ed Eliseo Salazar