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EUROPEO RALLY

Circuit of Ireland

Lidia Mugai

Non tutti - perché l'albo d'oro del Circuit of Ireland è lungo -

ma molti dei piloti che in un passato più o meno recente hanno

vinto la gara-monumento dell'isola riappacificata glieli ha ricor-

dati Julian Porter all'ultimo controllo-stop. E mentre la voce

più famosa del rallismo che conta, quello mondiale e quello eu-

ropeo, sciorinava nomi e cognomi, Craig Breen ha avuto la cer-

tezza di aver compiuto un'impresa alla quale pensava da

sempre: “Mi fatto ripensare a Bertie Ficher, ad Austin MacHale,

a Franck Heagher, i miei idoli giovanili”, confessa l'irlandese.

Aggiunge: “In quel momento ho realizzato di aver centrato

l'obiettivo che mi ero posto da bambino”. Ce l'ha fatta, il ven-

ticinquenne di Waterford ha messo le mani su un trofeo che,

importante per tutti, per lui vale tantissimo: “Prima ancora di

cominciare a correre, sognavo di vincere il Ravens Rock e il Cir-

cuit of Ireland. A impormi nella mia gara di casa ero riuscito

quattro anni fa, ma ancora non ce l'avevo fatta a spuntarla

anche qui...”.

Alla fine di una due giorni tiratissima, la voglia di assaporare

ogni istante di un sabato ancor più bello di come se l'era im-

maginato è più forte di tutto. Si gode i complimenti che gli

piovono addosso e racconta come ha vissuto la gara. Ricorda

il problema al turbo della 208 T 16 che gli aveva rovinato la

qualifica e che, riaffiorato nelle ultime battute, ha rischiato di

rovinargli anche il finale, parla del suo duello con Robert Bar-

rable e non evita di ricordare il suo unico errore. Quello che

gli ha fatto temere il peggio. “Anche se non correva da qual-

che mese, Robert è andato davvero forte e per tenere il suo

passo avevo dovuto veramente dare il massimo. E' bravo e

mi è proprio dispiaciuto vedere la sua Fiesta ferma fuori

strada, pur se il suo ritiro mi ha spianato la strada: a quel

punto, per vincere, dovevo solo controllare Kajto Kajetano-

wicz ed è quello che mi ero riproposto di fare. E invece, subito

dopo il via della penultima prova speciale, mi sono girato e

sono andato a sbattere”. Attimi che devono essergli sembrati

eterni, scanditi dalla paura che il busso avesse danneggiato il

radiatore. Poi altri minuti di angoscia, in attesa del momento

di poter saltar fuori dall'abitacolo per controllare che nessun

organo vitale della Peugeot fosse danneggiato: “Visto che ap-

parentemente solo la carrozzeria aveva sofferto, ho tirato un

po' il fiato e mi sono detto che forse aveva ragione Martin...”.

Martin, che di nome fa Scott ed è il suo copilota, gli stava di-

cendo di non arrendersi: “Siamo ancora primi con cinque se-

condi e non possiamo mollare proprio adesso che il più è

fatto. Dobbiamo solo continuare a crederci e restare concen-

trati”.

Così è stato. Archiviato lo scampato pericolo, ha chiuso dando

un altro secondo e spiccioli al polacco. Aggiungendo un altro

successo parziale, l'ottavo sui diciotto a disposizione. Tanta

roba. Più che abbastanza per convincerlo a un cambiamento di

programma: “Dopo il Liepaja mi ero ripromesso che avrei evi-

tato di festeggiare una vittoria con troppi brindisi, ma adesso

non so. L'euforia di questa gente è talmente coinvolgente...”,

annuncia prima di andare incontro alla notte.

Kajetanowicz un argento

che vale settemila euro

Mentre si sbatteva per non perdere il contatto con Craig Breen e Robert

Barrable aveva detto che il Circuit of Ireland era uno dei più bei rally

d'asfalto che aveva disputato. A bocce ferme, dopo essersi guadagnato il

secondo gradino del podio e aver intascato i settemila euro che alla fine di

ogni gara Eurosport assegna al privato meglio piazzato fra gli iscritti alla

serie continentale, Kajto Kajetanowicz corregge il tiro: “Questo è il più bello

e più affascinante appuntamento su strade catramate al quale ho parteci-

pato. Per le caratteristiche delle strade, per le condizioni climatiche e per

la passione del pubblico, direi che è unico e farò il massimo per tornare a

correrlo nei prossimi anni”. Il secondo posto lo soddisfa e lo dice: “Non

sono tanto sciocco da averlo affrontato per la prima volta con l'idea di vin-

cerlo. Il mio obiettivo era quello di fare bene e speravo di raccogliere un ri-

sultato che mi consentisse di restare in corsa per il titolo”. Ha fatto questo

e quello, il polacco. Non ha sbagliato praticamente niente e ha impreziosito

l'argento con un paio di successi parziali.

Lukyanuk

all’inferno

e ritorno

“Sono esperienze che ti aprono la mente”, fa Alexey Lukyanuk

a cose fatte. Non si lamenta, il russo dal piede decisamente

pesante e dalla testa decisamente pensante. Anche se po-

trebbe farlo: le sue speranze (legittime) di essere almeno co-

protagonista sull'asfalto nordirlandese sono naufragate quasi

subito, trascinate a fondo dalla rottura dell'albero di trasmis-

sione della Fiesta. Risolto il problema, s'è dato da fare per ri-

salire. Con successo: tredicesimo alla fine della prima tappa,

ha chiuso sesto dietro a Charles Martin che, al debutto con la

208 T 16, ha fatto cose decisamente buone.