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GP MONACO
Mercedes
Stefano Semeraro
E' un po' come se Lewis Hamilton fosse andato al Casino,
avesse puntato su un numero che effettivamente stava
uscendo, ma quando la ruota stava ormai fermandosi avesse
poi visto, plop! la pallina saltare e andare a fissarsi su un'altra
casella. Jella? Dabbenaggine? Inganno? Il day after dell'incre-
dibile roulette tedesca a Monaco è fatto di mestizia allucinata
(quella di Hamilton stesso) di metaforiche pacche sulle spalle
(«Lewis, uscirai più forte da questa esperienza», ha provato a
consolarlo Mika Hakkinen), di scuse imbarazzate da gente che
non è abituata a chiedere scusa mai, ovvero Toto Wolff, Niki
Lauda e tutti quelli della Mercedes. E poi ci sono le ragioni dei
retroscenisti. Quelli che non credono che il muretto della Stella
abbia veramente potuto commettere una sciocchezza così ma-
dornale: chiamare il driver inglese ai box a 15 giri dalla fine
quando era saldamente in testa e poteva contare su gomme,
magari non perfette, ma sufficienti a terminare la gara. Un cal-
colo banale sbagliato grossolanamente, che ha rispedito Ha-
milton in pista alle spalle di Nico Rosberg e Sebastian Vettel,
e non più in grado, vuoi per il tipo di tracciato, vuoi per le per-
formance della Ferrari in accelerazione, di riprendersi una vit-
toria che sembrava già scritta.
Le spiegazioni
della Mercedes
Sul podio Rosberg è stato bravo a riconoscere la realtà («sono
stato fortunato, oggi Hamilton era più veloce di me») e a non
esultare più di tanto. Tutti i vertici Mercedes a questo punto si
sono cosparsi il capo di cenere, abbozzando a turno varie spie-
gazioni per la “bambola”. «Pensavamo di avere un vantaggio
che in realtà non c'era – ha buttato lì Wolff – e temevamo che
Vettel potesse sorpassarci». Più ruvido (apparentemente)
Lauda: «Ci sono troppe persone coinvolte in questa decisioni,
si fa confusione, dovrebbe essere solo Lowe a parlare».