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L’editoriale

di Stefano Semeraro

LA MORTE DI BIANCHI

ERA EVITABILE MA LA

F.1 SI AUTO ASSOLVE

Le corse in macchina sono pericolose. La sicurezza assoluta non esisterà

mai, chiunque lo sostenga mente: per ipocrisia, ignoranza o interesse. Si

può, però, puntare ad avere una sicurezza relativa sempre più elevata. La

lezione che viene dall'amara e triste vicenda di Jules Bianchi è proprio que-

sta. Rispetto agli anni delle ultime tragedie di F.1 – Roland Ratzenberger e

Ayrton Senna – si è fatto molto per rendere più sicure le vetture. Si è ten-

tato di modificare i circuiti esistenti o di costruirne di nuovi sempre meno

pericolosi, si è intervenuti in qualche modo sulle procedure da adottare in

caso di incidente, ma proprio in questo settore i margini sono ancora ampi.

A Suzuka, quando Bianchì si schiantò, pioveva, c'era buio, una gru sostava

in posizione pericolosa. Sarebbe stato meglio far entrare la safety-car, op-

pure interrompere la gara. Qualcuno, Charlie Whiting, decise diversamente.

E quel qualcuno poi – in maniera grottesca – è stato chiamato a giudicare

il proprio operato: come se a un accusato di omicidio (colposo) fosse dato

l'incarico di cercare le prove a proprio carico e di decidere poi se punirsi o

assolversi. La colpa è stata invece scaricata su Bianchi, che, per carità, può

aver sbagliato; come può essere che abbia sbagliato anche Maria de Villota,

l'altra vittima di questi ultimi mesi di sciagure in F.1. Ma un errore non equi-

vale, non dovrebbe equivalere a una condanna. Tutte le morti sono trage-

die, ma alcune morti sono evitabili: quella di Bianchi lo era sicuramente. E'

questo che fa rabbia. Con un intervento diverso, più tempestivo, meglio co-

ordinato forse – probabilmente – Jules sarebbe ancora vivo. Ora tutti chie-

dono misure drastiche, provvedimenti esemplari. Si stracciano le vesti e

promettono una futura, fantomatica “sicurezza assoluta”. Che si potrebbe

ottenere in un unico modo: abolendo le corse. L'imponderabile è in ag-

guato ogni domenica, e basta pensare a come si corre a Monte-Carlo e a

Montreal, a Le Mans, nei rally (senza tirare in ballo le moto, dove proprio a

domenica a Laguna Seca sono morti due piloti, e il Tourist Trophy) per ren-

dersene conto. I piloti sono i primi a saperlo, a capire il rischio che corrono.

A volte persino a cercarlo. Nel caso di Bianchi però, per evitare il peggio

sarebbe bastata – forse - solo un po' più di competenza, un po' più di ca-

pacità. Ma la F.1 targata FIA ha fatto finta di niente, ha preferito auto-as-

solversi mescolando il caso e la necessità, confondendo l'inevitabile con il

colposo pur di lavarsi la coscienza e mandare avanti lo show. Le corse, sì,

certo, sono pericolose. Il cinismo degli uomini però, lo è ancora di più.