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quel giorno partiva 13esimo e guidava, guarda caso, proprio

una Honda. Fu una domenica davvero pazza, in cui anche i big

capitolarono. Kimi Raikkonen ebbe un crash contro Tonio

Liuzzi, Fernando Alonso si ritirò per una ruota mal fissata, Mi-

chael Schumacher fu quasi eroico nel voler resistere a tutti i

costi con le Bridgestone intermedie ormai alla frutta. Ma ne

pagò le conseguenze.

Anche in MotoGP

sono risultati rari

Insomma, quel 6 agosto in terra magiara si verificarono tutti gli

elementi utili a regalarci un vincitore shock. Come lo sono stati

Miller e Crutchlow. Certo dieci anni sono tantissimi, ma non di-

mentichiamo che era proprio dal 2006 (in Portogallo con Toni

Elias, portacolori di Gresini) che in MotoGP non si assisteva al-

l’affermazione di una scuderia satellite, come Marc VDS e LCR.

Perché anche nelle due ruote i round più movimentati hanno

poi visto svettare chi era dotato del materiale tecnico migliore.

Una parziale eccezione può essere considerata quella di Chris

Vermeulen, il quale nel 2008 si impose a Le Mans da ufficiale

Suzuki, ma con un mezzo certo non alla pari della concorrenza

più quotata. Sempre per la Formula 1, sfogliando l’album dei

ricordi, sarebbe impossibile non menzionare l’incredibile Gran

Premio del Brasile 2003, arpionato da Giancarlo Fisichella con

una Jordan già sul viale del tramonto, in una corsa fra le più

folli nella storia del Mondiale. Se volessimo fare un paragone,

sarebbe come riuscirci nel 2016 con una Sauber o una Manor.

Fantascienza. In definitiva, il passato ci insegna che quando

piove è lecito aspettarsi di tutto. E a volte succede pure di più.

Fin qui abbiamo però parlato soltanto di vincitori, ma è giusto

estendere la nostra ricerca all’intero podio, citando ad esempio

il clamoroso secondo posto di Sergio Perez con la Sauber nel

2012 in Malesia, dove arrivò quasi a insidiare la leadership della

Ferrari di Alonso. E il messicano ha sbalordito più volte anche

sull’asciutto.

F1 e MotoGP diverse

ma le sorprese sono possibili

La Formula 1, rispetto alla MotoGP, dalla sua ha un’ulteriore

variabile che può contribuire a mischiare le carte: la safety-car.

I distacchi annullati o le mosse corrette al muretto box sono a

volte in grado di propiziare prestazioni impensabili, anche se

in palio solo un piazzamento in zona punti. Può essere comun-

que esaltante, anche per il pubblico: la nona posizione di Jules

Bianchi al volante della Marussia, ottenuta due anni fa a Monte-

Carlo, resterà sempre scolpita nella memoria. E non solo per il

tragico destino del promettente francese. Allo stesso modo,

la maggiore durata di un Gran Premio di F1 rispetto ad uno di

MotoGP (praticamente il doppio) può tendere a “normalizzare”

la situazione sulla distanza, dando maggiori chances di recu-

pero ai primi della classe se l’asfalto torna ad asciugarsi. La sen-

sazione è che, nonostante tutto, persino la Formula 1 attuale

sia capace di produrre risultati degni di stupore. Ma con buona

pace di Bernie Ecclestone, il meteo o l’amalgama di certi in-

gredienti favorevoli non sempre possono essere previsti o ri-

prodotti. Lo stesso discorso vale ovviamente per la MotoGP:

del resto, se ad ogni weekend in pista ci fossero vincitori a sor-

presa, non sarebbero più tali.

Jenson Button

vincitore a Budapest

con la BAR Honda

nel 2016