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NASCAR
Il punto
Marco Cortesi
La NASCAR è sempre lei. Non contano le regole assurde, la
voglia di commercializzare anche la passione, la legge del mar-
keting che ha appiattito caratteri e personaggi. Le storie sfi-
dano la realtà dei fatti, e l’hanno fatto sin dalla prima gara di
Daytona. Dove contatti ed incidenti hanno portato al successo
uno dei piloti più controversi degli ultimi anni, Kurt Busch, che
solo due stagioni prima non aveva nemmeno preso parte al-
l’apertura stagionale per la denuncia di violenze da parte del-
l’ex fidanzata. Alla fine, il fatto di dare punti anche per i
traguardi intermedi non ha creato grosso scompiglio: ci si
aspettava di vedere strategie originali, divise per marca, ma
dopo qualche tentativo iniziale per altro con pochi risultati,
tutto è tornato alla normalità. A far la differenza è ancora chi
vince e chi non vince, e in ottica playoff chi riesce a restare in
alto riducendo al minimo i “giorni no”. Finora ci è riuscito alla
grande Kyle Larson, che con il team Ganassi ha messo in fila
tre secondi posti ed una vittoria. Anche se, dopo una a serie
di tracciati veloci, si approderà a breve sugli insidiosi short-
track, la pratica dell’accesso alla Chase For The Cup è archi-
viato. Lo stesso vale per il campione 2012 Brad Keselowski,
sempre in grado di “prenotarsi” subito con la sua Ford del
team Penske, e Martin Truex Jr. Il pilota del team Furniture
Row quest’anno sta mettendo ancor più in luce la sua classe
straordinaria. Nonostante la struttura di Barney Visser sia di
fatto satellite dello squadrone ufficiale Toyota, Truex ha fatto
la differenza con la pura guida, imbarazzando i campioni più
blasonati (e pagati) a partire da Kyle Busch, Denny Hamlin e
Matt Kenseth. Se lo merita, Truex, dopo le grandi difficoltà fa-
miliari delle ultime stagioni (a partire dalla battaglia contro il
cancro della fidanzata Sherry Pollex) e molti sarebbero felici di
acclamare lui ed il piccolo Furniture Row Racing, tra l’altro una
tra le poche squadre con sede lontano dal North Carolina, a
Denver. La consueta imprevedibilità delle gare stock-car ha
fatto il resto. Le vetture più difficili da guidare e con meno ca-
rico aerodinamico non hanno sconvolto i valori, e sono state
anzi le strategie a regalare il maggiore colpo di scena, con l’af-
fermazione di Ryan Newman a Phoenix che ha portato il pa-
cioso portacolori del team Childress direttamente agli scontri
ad eliminazione diretta. Lasciato con l’amaro in bocca il team
Stewart-Haas qualche stagione fa, ha trovato una nuova casa
che ha fortemente bisogno di lui, uno che il lavoro lo sa portare
a termine senza grossa pubblicità e tante parole. Rispetto agli
standard europei, è inspiegabile che uno come Newman possa
giocarsela per il titolo, ma è la legge della NASCAR. Get the
job done. E sono tanti a dover lavorare. Da Jimmie Johnson,
che è sembrato un po’ zoppicante, a Joey Logano, che è molto
brillante in tutte le gare ma deve ancora “timbrare” il biglietto.
Fino a Kenseth, Hamlin e Kyle Busch che, pur essendo parte
della corazzata Gibbs, non sono stati abbastanza incisivi al
pronti-via. Ma i colpi di scena non sono finiti…
Kyle
Larson