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Arrivabene: “Siamo
forse al Colosseo?”
Dalla ruotata ai 30 all'ora alla tamponata a 300, dal pugno agi-
tato per rabbia al raptus di follia. Hamilton non è uno stinco
di santo, e non lo è nemmeno Vettel, che a Baku ha sbagliato
sicuramente di più perché da che sport è sport il fallo di rea-
zione è comunque punito, e più severamente, del fallo di
gioco. La sua 'spallata' ad Hamilton non è stata bella da ve-
dere, anche se nasceva dalla convinzione che l'avversario
avesse esagerato facendo 'l'elastico' dietro alla Safety Car
(pratica comunque consentita). Come non è stato il massimo
della classe ascoltare Hamilton che via radio chiedeva a Bottas
di 'sporcare' la scia di Vettel, o Seb lamentarsi dei dieci se-
condi di penalità come un bambino alle elementari («Perchè
io sì e lui no?»). I due adesso che in ballo c'è un Mondiale se
la sono giurata. Magari si chiariranno («Voglio parlare con
Lewis», «meglio che Seb mi stia lontano sennò mi può scap-
pare la pazienza»), o magari no, mentre le due rispettive scu-
deria hanno già iniziato la consueta gara a chi urla di più al
complotto o invoca comportamenti etici, con Maurizio Arriva-
bene che sibila («se siamo al Colosseo basta deciderlo. Nel
dubbio, non si dia ragione alla Ferrari») e Toto Wolff che sug-
gerisce a Vettel di «dare il buon esempio».
Stop alle ipocrisie
è questo che poi piace
L'unica cosa che chiediamo, anche noi stessi, è di evitare –
please – l'ipocrisia. Le corse hanno da sempre un lato oscuro,
inutile negarlo, anche se è necessario tenerlo sotto controllo,
come del resto tutti gli sport. Prendete il tennis: quando McEn-
roe e Connors berciavano, insultavano avversari e si facevano
squalificare, finivano bollati come antipatici e mocciosi; ma
dopo 13 anni di assoluto fair-play fra due rivali immacolati come
Federer e Nadal in molti sbuffano e rimpiangono l'epoca dei
'bad boys'. Ecco: se vogliamo più azione, più show, più adre-
nalina, più personalità – quello che chiede Liberty Group, e ora
si tratta di vedere anche con quanta insistenza lo chiede... -,
avremo anche più risse, più scorrettezze, più falli di reazione e
di frustrazione, più polemiche al curaro. L'inferno – il piccolo
infernuccio – della Formula 1 è questo. Un mondo adulto, un
dancing del brivido dove l'importante, come direbbe Paolo
Conte, è sbagliare da professionisti.