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INDYCAR
CHARLIE KIMBALL
Marco Cortesi
Da "cenerentola" del team Ganassi alla vit-
toria di Mid-Ohio, Charlie Kimball vuole
restare nel gruppo di testa dell'IndyCar e
per farlo, dovrà confrontarsi con un pac-
chetto tra i più competitivi che la storia del
campionato ricordi. Dopo l'avventura in
Europa, Kimball ha trovato fortuna nei suoi
Stati Uniti, riuscendo nel frattempo a con-
vivere con il diabete di tipo 1 che avevames-
so a rischio la sua carriera nel 2007. Dopo
lo stop, la ripresa dell'avventura inFormula
3, l'addio per problemi di budget e final-
mente il ritorno. Prima in Indy Lights e poi
in IndyCar, con al supporto della stessa
azienda che produce i materiali per affron-
tare la malattia…
Com'è essere finalmente un vincente
nell'IndyCar?
“E' stato speciale, un grande weekend per
tutto il team, la concretizzazione del lavoro
fatto con il Chip Ganassi Racing che,
soprattutto da parte loro, è stato enorme
nel weekend di Lexington. In particolare,
recuperare dopo l'incidente nelle libere riu-
scendo anche a qualificarmi nella top-5 era
già un buon risultato, ma essere poi in gra-
do di fare una gran gara e vincere è stata
una ricompensa fantastica”.
Cosa ti sei portato a casa da Lexin-
gton in termini di soddisfazione per-
sonale?
“C'è la sicurezza di qualcosa che nessunomi
potrà mai togliere, ho vinto nell'IndyCar
Series. Ma soprattutto, è stato il modo in
cui abbiamo vinto. Non ci sono state gialle
fortunate, non c'è stato un rischio col car-
burante. O meglio, l'unico modo in cui la
nostra strategia poteva funzionare era
spingere al massimo e segnare tempi sul
giro più veloci possibili per creare un gap
sufficiente. E' qualcosa che ti toglie un peso
dalle spalle, perché ok… sai che lo puoi fare,
l'hai fatto. Ma ora devi continuare a farlo”.
Nella vita di una persona qualunque,
il diabete di tipo 1 è un grande osta-
colo, come lo affronti da pilota?
“Richiede molto lavoro, moltissima dedi-
zione, ma anche gli strumenti giusti e ho la
fortuna che chi produce gli strumenti, Novo
Nordisk, è anche mio partner in quest'av-
ventura e mi aiuta a raccontare la mia sto-
ria. Comunque, è fondamentale la prepara-
zione prima di salire in macchina, control-
lare gli zuccheri, sapere di cosa posso avere
bisogno ed alimentarmi di conseguenza. La
dieta per ogni atleta è fondamentale, ma
per me lo è ancora di più”.
E una volta in auto?
“In macchina ho un sensore sottopelle che
monitora gli zuccheri e si integra wireless
con l'elettronica dellamacchina. Sul volan-
te ho i giri, i tempi sul giro, il glucosio, la
temperatura dell'olio… i dati dell'auto ed i
miei insieme. Bruciando parecchi zuccheri
quando guido la preoccupazione è sempre
quella che la glicemia diventi troppo bassa.
In macchina quindi, oltre alla borraccia
d'acqua per mantenere l'idratazione, ne ho
una con succo d'arancia per riportare i
valori nel giusto range”.
Com'è stato per un debuttante corre-
re nello stesso team di Scott Dixon e
Dario Franchitti?
“E' stato molto più facile approcciarmi ad
un mondo come quello dell'IndyCar con
due campioni del genere vicino a me. Ti
danno la direzione giusta: lavori con
l'obiettivo di arrivare dove sono loro. Sai già
che per come lavorano saranno forti e
competitivi ovunque. Misurarsi con loro è
un grande banco di prova e puoi capire le
aree in cui devi migliorare. Negli ultimi tre
anni Chip Ganassi mi ha spiegato che dove-
vo gettare le fondamenta perché nel
momento in cui sarebbero arrivati i podi e
le vittorie, non avrebbe dovuto essere per
fortuna, ma perché eravamo competitivi
con costanza. Penso che molti sottovaluti-
no quanto è competitiva l'IndyCar Series.
Quest'anno abbiamo avuto nove vincitori
diversi ed è una buona dimostrazione di
quanto siano vicine le performance. Non è
solo questione di una vittoria”.
Con i buoni risultati di quest'anno
senti di aver più attenzione mediati-
ca?
“Già negli ultimi anni ho avuto la possibilità
di lavorare con la comunità dei diabetici e
condividere la mia storia, ma nell'ultimo
periodo sento di riuscire ad avere un impat-
to nettamente maggiore. Riesco a fare di
più per portare la mia storia a conoscenza
delle persone per motivarle. Per me questo
è molto positivo. Ma ora bisogna continua-
re, e sono sicuro che quanto più riuscirò a
mantenere costanza di risultati, qualifican-
domi nei top-10 e riuscendo a finire nei top-
5 in gara, più le cose si potranno mettere
bene per il 2014”.
Pensi che la tua carriera sarebbe sta-
ta diversa senza il diabete?
“Non lo so. Non so cosa sarebbe potuto
accadere. In gioco c'erano anche altri
fattori quando correvo in Europa, non
solo la diagnosi di diabete in sé, ma
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